PROVE SU
MATERIALI DA COSTRUZIONE
PROVE GEOTECNICHE
E PROVE IN
SITO
INDICE DELL’ELENCO
1.
CALCESTRUZZO INDURITO
………………………………………………………….
2.
CALCESTRUZZO FRESCO……………………………………………………………..
3.
AGGREGATI Calcestruzzi,
Conglomerati Bituminosi, ecc.………………………….….
4.
BITUMI LIQUIDI………………………………………………………………………..
5.
CONGLOMERATI BITUMINOSI……………………………………………………….
6.
ACCIAI…Cemento
Armato e Precompresso – Costruzioni
Metalliche……………….....
7.
ACQUA DI IMPASTO PER CALCESTRUZZI……………………………….………...
8.
CEMENTI – MALTE – CALCE……………………………………………………..….
9.
ADDITIVI PER CALCESTRUZZI………………………………………………..…….
10.
PROVE IN SITO SU STRUTTURE………………………………………..……………
11.
LEGNO………………………………………………………………………….………...
12.
GEOTESSUTI…………………………………………………………..…………………
13.
IMPERMEABILIZZANTI………………………………………………..……………….
14.
ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI
- PAVIMENTAZIONI………....…………..
15.
ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI
- COPERTURE………………….…………
16.
ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI
–MURATURE……………….…………….
17.
ELEMENTI RESISTENTI ARTIFICIALI
–SOLAI…………………………….…….…
18.
ELEMENTI RESISTENTI NATURALI
……..……………………………………..….
19.
MURATURE
ORDINARIE……………………………………………………………..
20.
TERRENI…………………………………………………………………….…………...
21.
PROVE IN SITO SU TERRENI…………………………………………….……….….
22.
ROCCE……………………………………………………………………………….…. 23. INDAGINI SUL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE……………………………
|
1.1
Compressione di calcestruzzo
La prova consiste nel caricare i provini fino alla rottura in una
macchina per prova di compressione. Si registra il carico
massimo sopportato dal provino e si calcola la resistenza
alla compressione del calcestruzzo.
(UNI EN 12390-3 e
s.m.i.)
1.2
Flessione del calcestruzzo
La prova consiste nel sottoporre provini
prismatici a momento flettente mediante l’applicazione di un
carico attraverso rulli superiori ed inferiori. Il carico
massimo sopportato è registrato e si calcola la resistenza a
flessione del calcestruzzo indurito.
(UNI
EN 12390-5 e s.m.i.)
1.3
Compressione di provini di calcestruzzo rotti
per flessione
La prova consiste nel caricare i monconi dei
prismi rotti per flessione (UNI EN 12390-5) fino alla
rottura in una macchina per prova di compressione,
ottenendone la resistenza alla compressione
(UNI
EN 12390-3 e s.m.i.)
1.4
Trazione indiretta (brasiliana) di calcestruzzo
La prova si esegue su ogni tipo di provino di
calcestruzzo; per provini cilindrici la prova si esegue
collocando i provini medesimi con l’asse orizzontale fra i
piatti di una pressa e comprimendoli secondo due generatrici
opposte.
(UNI
6135 e s.m.i.)
1.5
Trazione diretta del calcestruzzo
Il provino di calcestruzzo viene predisposto in
modo da presentare due teste di serraggio e una zona
centrale. Le estremità vengono preparate con particolari
resine e successivamente inserite in una macchina a
trazione;la resistenza a trazione diretta si determina
dividendo il carico massimo sopportato
per la sezione del provino libera dagli inghisaggi.
(UNI
6135 e s.m.i.)
1.6
Massa volumica del calcestruzzo indurito
I provini vengono pesati, quindi determinato il
volume o misurando accuratamente le proprie dimensioni o
calcolandolo per spostamento di un pari volume di acqua.
Dividendo la massa per il volume ottenuto, si calcola la
massa volumica del calcestruzzo.
(UNI
EN 12390-7 e s.m.i.)
1.7
Gelività del calcestruzzo
I provini di calcestruzzo vengono sottoposti a
numerosi cicli di gelo e disgelo, quindi verificata la
diminuzione di prestazioni meccaniche subita dal
calcestruzzo in conseguenza dei suddetti cicli.
1.8
Determinazione del modulo di elasticità secante
Il modulo di elasticità secante è il rapporto
tra la tensione σ e la corrispondente ε misurata nella
direzione della tensione. Nel calcestruzzo, per cui il
diagramma sforzi – deformazione non è rettilineo, si può
calcolare il modulo di elasticità secante oppure quello
tangente.
(UNI
6556 e s.m.i)
1.9
Profondità di penetrazione dell’acqua sotto
pressione
La prova consiste nell’applicare dell’acqua
sotto pressione di 500 kPa per 72 ore alla superficie del
calcestruzzo indurito; il provino è quindi spaccato e si
misura la profondità di penetrazione del fronte d’acqua. (UNI EN 12390-8 e s.m.i)
1.10
Determinazione della profondità di
carbonatazione nel calcestruzzo
La determinazione della profondità di
carbonatazione nel calcestruzzo può essere eseguita sia per
indagare sulle cause di un fenomeno di corrosione
dell’armatura giàavvenuto, sia per ricavare elementi di
giudizio sul comportamento nel tempo dell’armatura.
La prova consiste nel rompere a trazione
(brasiliana) il campione di calcestruzzo (solitamente
estratto dalla struttura esistente mediante carotaggio),
quindi liberare dalle polveri la superficie rotta e
spruzzarvi mediante nebulizzatore una soluzione di
fenolftaleina.
Quest’ultima vira al rosso al contatto con
materiale il cui pH sia maggiore di 9 e rimane incolore per
valori di pH inferiori.
Si misura dall’esterno del campione verso
l’interno fino al fronte colorato ; tale misura indica la
profondità della carbonatazione.
(UNI
9944 e s.m.i)
1.11
Determinazione del profilo di penetrazione degli
ioni cloruro
La determinazione del profilo di penetrazione
degli ioni cloruro nel calcestruzzo può essere eseguita sia
per indagare sulle cause di un fenomeno di corrosione
dell’armatura già avvenuto, sia per ricavare elementi di
giudizio sul comportamento nel tempo dell’armatura.
La conoscenza del profilo di concentrazione dei
cloruri a partire dalla superficie esterna verso i ferri di
armatura e anche oltre è utile per la valutazione
dell’avanzamento di tali ioni nel tempo. Pertanto lo scopo
della prova non è quello di arrivare a valutare la quantità
di cloruri effettivamente attivi ai fini della corrosione,
ma di conoscere l’aumento di concentrazione rispetto al
contenuto totale già presente inizialmente.
Il metodo si basa sull’estrazione dei cloruri
dal calcestruzzo con acqua o acido nitrico e sul dosaggio
degli ioni estratti per argentometria, secondo Volhard
(UNI
9944 e s.m.i)
1.12
Determinazione della penetrabilità dello ione
solfato
La prova ha lo scopo di determinare la
profondità di penetrazione dello ione solfato in un provino
di calcestruzzo posto a contatto con una soluzione di
solfato di sodio.
A tale scopo si versa sulla superficie del
calcestruzzo una soluzione di solfato di sodio per un tempo
stabilito (solitamente 28 gg); alla scadenza si rimuove la
soluzione, si rompe il provino longitudinalmente con
trazione indiretta (brasiliana), quindi spruzza sulla
superficie, mediante nebulizzatore, una soluzione di cloruro
di bario e permanganato di potassio. In presenza di ioni
solfato si ha una formazione di solfato di bario assumendo
permanentemente la colorazione violetta.
La zona del calcestruzzo non permeata dalla
soluzione si decolora rapidamente, quindi si misura la
lunghezza dalla superficie del provino fino al fronte di
avanzamento dello ione solfato, determinando la
penetrazione.
(UNI
8019 e s.m.i)
1.13
Determinazione del ritiro idraulico su
calcestruzzo con diametro massimo di inerti 30 mm
Il ritiro idraulico su calcestruzzo, misurato su
provini delle dimensioni di 100x100x500, è la variazione di
lunghezza espressa in micron al metro.
All’atto del confezionamento si inseriscono dei
riferimenti nel getto, quindi dopo 24 ore si misurano i
provini con strumenti millesimali. Le misure successive
normalmente vengono eseguite alle scadenze di 1 -2 -3 -7 -14
-28 -60 -90 gg dalla prima misura.
(UNI
6555 e s.m.i)
1.14
Determinazione del ritiro idraulico su
calcestruzzo con diametro massimo di inerti oltre 30 mm
Il ritiro idraulico su calcestruzzo assiale e
superficiale, misurato su provini delle dimensioni di
200x200x800, è la variazione di lunghezza espressa in micron
al metro.
Dopo 24 ore dal confezionamento di fissano degli
speciali riferimenti sulle teste dei prismi e sulle
superfici lungo l’asse maggiore delle facce laterali e si
esegue la prima misura con strumenti millesimali.
Le misure successive normalmente vengono
eseguite alle scadenze di 2 -3 -7 -14 -28 -60 -90 – 180 gg
dalla data della confezione.
(UNI
7086 e s.m.i)
1.15
Determinazione del contenuto di cemento nel
calcestruzzo indurito (metodo Florentin)
Il calcolo del contenuto
di cemento nel calcestruzzo indurito è basata sul contenuto
di silice solubile determinato secondo Florentin.
La validità della
metodologia è condizionata dalla disponibilità di campioni
originali dei materiali impiegati per la
confezione del calcestruzzo, cioè del cemento, della
sabbia e del pietrisco. Il campione di calcestruzzo da
analizzare non deve essere in quantità minore di 10 kg ed i
risultati sono esclusivamente riferibili al quantitativo
confezionato insieme ad esso.
(UNI
6505 e
s.m.i)
1.16
Determinazione dell’assorbimento di acqua alla
pressione atmosferica
La prova consiste nel
misurare la variazione di massa di provini di calcestruzzo
indurito a seguito della loro immersione in acqua.
(UNI
7699 e s.m.i)
1.17
Determinazione dell' assorbimento di acqua per
immersione sotto vuoto.
L’assorbimento di acqua
per immersione sotto vuoto di un provino di calcestruzzo
indurito è la differenza tra la massa di un dato provino di
calcestruzzo indurito immerso in acqua sotto vuoto e la
massa dello stesso provino allo stato secco rapportata al
volume del provino stesso.
(UNI
9525 e
s.m.i)
1.18
Determinazione dell' assorbimento di acqua per
capillarità.
L’assorbimento di acqua
per capillarità di un provino di calcestruzzo indurito è la
differenza tra la massa di un dato provino di calcestruzzo
indurito con una faccia a contatto con l’acqua per un
determinato tempo e la massa dello stesso provino allo stato
secco, diviso la superficie della sezione del provino a
contatto con l’acqua.
(UNI
9526 e
s.m.i)
1.19
Determinazione delle proprietà meccaniche del
calcestruzzo in cella triassiale.
Un cubetto di
calcestruzzo indurito è immesso in una cella di acciaio e
confinato con una forza assegnata; successivamente al
provino viene applicata una forza verticale fino alla
rottura dello stesso.
Possono essere
sottoposti vari provini a diverse forze di confinamento,
quindi diagrammati i valori attraverso i cerchi di Mohr per
la determinazione dei parametri di resistenza.
(ASTM
C801 e
s.m.i)
2.1
Prova di abbassamento al cono (Slump Test)
La prova è atta a determinare la consistenza del
calcestruzzo fresco mediante la misurazione
dell’abbassamento al cono.
Il calcestruzzo fresco è compattato in uno stampo
a forma di tronco di cono. Lo stampo è sfilato verso l’alto
e l’abbassamento del campione fornisce una misura della
consistenza del calcestruzzo.
La prova di abbassamento al cono è sensibile alle
variazioni di consistenza del calcestruzzo corrispondenti ad
abbassamenti compresi tra i 10 mm ed i 200 mm. Oltre questi
due limiti, la misurazione dell’abbassamento può risultare
inadeguata e si dovrebbero prendere in considerazione altri
metodi per la determinazione della consistenza. Se
l’abbassamento continua a variare sensibilmente durante il
primo minuto dopo il sollevamento dello stampo, questo
metodo di prova non è adeguato come misura della
consistenza.
(UNI
EN 12350-2 e s.m.i)
2.2
Contenuto d’aria - Metodo per pressione con
acqua
La prova è atta a determinare del contenuto d'aria
del calcestruzzo fresco compattato, costituito da aggregato
di massa volumica normale di dimensione massima di 63 mm.
Si introduce acqua a un'altezza predeterminata al
di sopra di un campione di calcestruzzo compattato, di
volume noto, in un contenitore sigillato e si applica
sull'acqua una pressione d'aria predeterminata. Si misura la
riduzione in volume dell'aria nel campione di calcestruzzo
osservando la quantità di abbassamento del livello d'acqua,
in quanto la colonna d'acqua è tarata in termini di
percentuale d'aria presente nel campione di calcestruzzo.
(UNI
EN 12350-7 e s.m.i)
2.3
Massa volumica
La prova serve a determinare sia in laboratorio
sia in cantiere della massa volumica del calcestruzzo fresco
compattato.
Il calcestruzzo fresco viene compattato e quindi
pesato in un contenitore rigido e a tenuta d’acqua, di cui
sono noti il volume e la massa.
(UNI
EN 12350-6 e s.m.i)
2.4
Determinazione della quantità di acqua essudata
La
prova serve per determinare nel tempo la quantità di acqua
d’impasto essudata, l’acqua cioè che si raccoglie
progressivamente alla superficie del calcestruzzo fresco,
nel periodo di tempo che segue immediatamente la sua
compattazione.
(UNI
7122 e s.m.i)
2.5
Determinazione dei tempi di inizio e fine presa
mediante la misura della resistenza alla penetrazione
La prova serve per la determinazione dei tempi di
presa del calcestruzzo misurando la progressiva resistenza
alla penetrazione (nel tempo) mediante un idoneo
penetrometro.
La resistenza alla penetrazione viene misurata
sulla malta ottenuta, previa setacciatura del calcestruzzo
in esame.
La prova è valida in quei casi in cui la malta
separata dal calcestruzzo può essere rappresentativa del
comportamento dell’intero calcestruzzo. Tale prova pertanto
può essere impiegata per determinare l’influenza che sulla
presa e sul primo indurimento del calcestruzzo possono avere
determinate variabili, quali temperatura, la qualità del
cemento, il dosaggio, la presenza di additivi ecc.
(UNI
7123 e s.m.i)
2.6
Determinazione della consistenza Vebé
Il calcestruzzo fresco viene compattato in uno
stampo come quello per la prova di abbassamento al cono. Lo
stampo viene completamente sollevato dal calcestruzzo e un
disco trasparente viene collocato sopra la parte superiore
della forma di calcestruzzo ed abbassato con cura fino al
contatto con il calcestruzzo. Si registra l’abbassamento al
cono del calcestruzzo. Quindi si aziona la tavola vibrante e
si misura il tempo necessario affinché la superficie
inferiore del disco trasparente risulti completamente a
contatto con la boiacca del calcestruzzo (tempo Vébé).
(UNI
12350-3 e s.m.i)
2.7
Prova di spandimento alla tavola a scosse
Questa prova determina la consistenza del
calcestruzzo fresco mediante la misurazione dello
spandimento del campione di calcestruzzo posto su di una
tavola sottoposta a scosse.
(UNI
EN 12350-5 e s.m.i)
2.8
Determinazione della composizione di un
calcestruzzo fresco
La prova consiste nel disidratazione rapida di un
campione di calcestruzzo, per determinarne il contenuto
d’acqua, e nella setacciatura del materiale, per
determinarne dapprima il passante alla staccio 0,25 mm che,
depurato dall’apporto dell’aggregato, rappresenta il
contenuto di legante e pio l’intera distribuzione
granulometrica dell’aggregato nel calcestruzzo e quindi del
contenuto di cemento.
(UNI
6393 e s.m.i)
3
AGGREGATI Calcestruzzi,
Conglomerati Bituminosi,
ecc.
3.1
Lunghezza delle particelle
La lunghezza delle particelle viene valutata
mediante misurazione con un calibro appropriato o un calibro
a compasso e viene espressa come percentuale in massa con
lunghezza ≥100 mm in un campione maggiore di 40 kg
(UNI
EN 13450 e s.m.i)
3.2
Affinità al legante bituminoso
L’aggregato viene setacciato tra il setaccio 8
mm e 11,2 mm (si possono usare in alternativa porzioni di
campione setacciato tra 5,6 mm e 8mm oppure tra 6,3 mm e 8
mm), la frazione viene lavata, asciugata e quindi mischiata
con bitume fino a che ogni granulo sia totalmente ricoperto
dal bitume stesso.
L’aggregato ricoperto dal bitume viene
distribuito su di un piano di metallo ricoperto di carta e
lasciato a temperatura ambiente per una notte. L’aggregato
viene diviso in 3 provini per poi sottoporli a prova. Ogni
parte del campione viene trasferito in una bottiglia
riempita di acqua. La bottiglia viene agitata e
successivamente posta in una apparecchiatura atta a far
rotolare la bottiglia. Le bottiglie sono fatte rotolare a
temperatura ambiente ad una velocità stabilita. Dopo un
intervallo di tempo stabilito si filtra l’acqua della
bottiglia, si rovescia l’aggregato su di un piano di acciaio
e si stima visivamente da due operatori diversi la quantità
di aggregato spogliato dalla pellicola di bitume dovuto
all’azione di rotolamento.
(UNI
EN 12697-11 e s.m.i)
3.3
Determinazione della finezza di un filler con
metodo di permeabilità all’aria (Blaine)
La finezza di un filler si misura sotto forma di superficie
specifica osservando il tempo necessario perché una quantità
fissa di aria passi attraverso un letto di filler compattato
di dimensioni e porosità specificate. In condizioni
normalizzate, la superficie specifica del filler è
proporzionale a , dove t
è il tempo necessario perché una data quantità di aria passi
attraverso il letto di filler compattato. Il numero e le
dimensioni dei singoli pori nel letto specificato sono
determinati secondo la distribuzione delle dimensioni delle
particelle di filler che determina altresì il tempo
necessario per il passaggio dell’aria.
(UNI EN 196-6 e
s.m.i)
3.4
Determinazione del contenuto di carbonati
Il campione di aggregato viene frantumato ad una granulometria
passante allo staccio 0,25 mm. Il provino quindi è trattato
con acido fosforico per scomporre il carbonato presente.
L’anidride carbonica liberata è trascinata da una corrente
di gas non contenente anidride carbonica attraverso una
serie di tubi di assorbimento.
I primi due eliminano il solfuro di idrogeno e l’acqua e quelli
successivi assorbono l’anidride carbonica, Due tubi di
assorbimento vengono pesati per determinare
la massa di anidride carbonica trattenuta. Ciascuno
di questi tubi contiene un assorbente granulare per
l’anidride carbonica e perclorato di magnesio anidro per
trattenere l’acqua formatasi durante la reazione di
assorbimento.
(UNI EN 1744-1 UNI EN 196-2 e s.m.i)
3.5
Determinazione della suscettibilità all’acqua
del filler per miscele bituminose
Una miscela di filler e bitume è agitata in
acqua calda. Se il filler si separa dalla miscela (indicato
dalla torbidità dell’acqua), il filler è recuperato con
carta filtro e pesato.
(UNI
EN 1744-4 e s.m.i)
3.6
Determinazione della potenziale reattività degli
aggregati in presenza di alcali
La prova riguarda la determinazione delle
variazioni di lunghezza di provini di malta, provocate dalla
reazione chimica dello ione idrossido proveniente dagli
alcali (sodio e potassio) in condizioni definite di
maturazione dei provini.
Si confezionano 3 provini con cemento CEM I e
gli aggregati in esame. Si
possono eseguire due metodologie di prova: prova accelerata
e prova a lungo termine
Il metodo accelerato valuta la potenziale
reattività degli aggregati mediante la misurazione
dell’espansione di provini in malta mantenuti ad 80 °C in
una soluzione 1 N di NaOH.
Il metodo a lungo termine valuta la potenziale
reattività degli aggregati mediante la misurazione
dell’espansione di provini in malta mantenuti in acqua e
misurandone l’espansione fino a 12 mesi dalla confezione.
(UNI
8520-22 e s.m.i)
3.7
Determinazione della resistenza all’usura
(micro-Deval)
La prova determina il coefficiente micro-Deval, che è la
percentuale del campione originale macinato per rotolamento
a una dimensione minore di 1,6 mm.
La prova consiste nel misurare l’usura prodotta in condizioni
definite dalla frizione tra aggregati e carica abrasiva
all’interno di un tamburo rotante. Al termine della
rotazione la percentuale trattenuta sullo staccio da 1,6 mm
viene utilizzata per calcolare il coefficiente micro-Deval.
La prova si effettua impiegando un aggregato secco con
aggiunta di acqua, al fine di ottenere un valore MDE
(UNI
EN 1097-1 e s.m.i)
3.8
Determinazione della resistenza alla
frammentazione degli aggregati grossi -
prova Los Angeles
In un cilindro rotante viene fatto rotolare un campione di
aggregato insieme alle sfere di acciaio. Completata la
rotazione, viene determinata la quantità di materiale
trattenuta da uno staccio con luce di maglia di 1,6 mm.
(UNI EN 1097-2 e
s.m.i)
3.9
Determinazione della porosità del filler secco
compattato
La presente prova serve per determinare la
porosità intergranulare del filler secco compattato (per
mezzo di un apparecchio Rigden). La prova si applica ai
filler naturali ed artificiali. Essa viene utilizzata, per
esempio, per determinare l’attitudine a legarsi con il
bitume.
Il filler è compattato secondo una tecnica ben
definita, con l’ausilio di un apparecchio di compattazione.
Il volume del filler compattato è determinato dall’altezza
del letto del filler compattato. La porosità del filler
compattato si calcola a partire dalla massa volumica reale
del filler compattato.
(UNI
EN 1097-4 e s.m.i)
3.10
Determinazione della massa volumica in mucchio e
dei vuoti intergranulari
La prova serve per la determinazione della massa
volumica in mucchio di aggregati essiccati e il calcolo dei
vuoti intergranulari. La prova si applica agli aggregati
naturali ed artificiali di dimensioni fino a un massimo di
63 mm.
Si determina mediante pesate la massa dopo
essiccazione di aggregati contenuti in uno specifico
recipiente e si calcola la massa volumica in mucchio
corrispondente. Si calcola inoltre la percentuale di vuoti
intergranulari a partire dalla massa volumica in mucchio e
dalla massa volumica reale delle particelle.
(UNI
EN 1097-3 e s.m.i)
3.11
Determinazione della massa volumica dei granuli
e dell’assorbimento d’acqua
La massa volumica dei granuli è calcolata a
partire dal rapporto tra massa e volume. La massa è
determinata mediante pesata della porzione di prova nelle
condizioni di saturazione a superficie asciutta e anche dopo
nelle condizioni di essiccazione in stufa. Il volume è
determinato a partire dalla massa dell’acqua spostata, sia
mediante determinazione della riduzione della massa immersa
in acqua con il metodo del cestello a rete, sia mediante
pesata diretta con il metodo picnometrico.
(UNI
EN 1097-6)
3.12
Determinazione del valore di levigabilità (VL)
Il valore di levigabilità (VL) è un valore che fornisce la misura
della resistenza di un aggregato grosso all’azione levigante
dei pneumatici dei veicoli in condizioni analoghe a quelle
che si riscontrano sul manto stradale.
La prova è eseguita su aggregati passanti allo staccio con luce di
maglia di 10 mm e trattenuti dallo staccio a barre con luce
di maglia di 7,2 mm e si suddivide in due fasi:
i provini sono sottoposti all’azione levigante di una macchina per
la levigatura accelerata;
lo stato di levigazione raggiunto da ciascun provino viene
misurato mediante una prova
di attrito. Il VL viene calcolato sulla base dei risultati della
prova.
(UNI EN 1097-8 e
s.m.i)
3.13
Determinazione dell’abrasione dell’aggregato
(AVV)
La presente appendice specifica un metodo per la
determinazione del valore di abrasione dell’aggregato (AAV)
in grado di fornire una misura della resistenza
dell’aggregato all’usura superficiale causata dall’abrasione
del traffico.
Da un campione di prova, vengono selezionati due
provini. I granuli selezionati vengono orientati, quindi
incorporati nella resina e fissati a contatto con
una mola a rotazione orizzontale. I provini sono caricati e
viene alimentato in continuo un aggregato abrasivo fine
(sabbia) fra le superfici di contatto del provino e della
mola per un numero di giri prestabilito.
L’AAV viene determinato in base alle differenze
di massa dei provini prima e dopo l’abrasione. La prova
viene eseguita su un aggregato passante allo staccio da 14
mm e trattenuto da uno staccio a barre da 10,2 mm.
(UNI
EN 1097-8 e s.m.i)
3.14
Determinazione della resistenza all’usura per
abrasione da pneumatici chiodati - Prova scandinava
La prova simula l'azione abrasiva di pneumatici
chiodati sugli aggregati grossi utilizzati in uno strato
superficiale.
In un cilindro di acciaio viene fatto rotolare
un campione di un aggregato appartenente a un'unica classe
granulometrica (da 11,2 mm a 16,0 mm) insieme a sfere di
acciaio e acqua. La miscela tra le particelle dell'aggregato
e le sfere di acciaio è resa più efficace da tre alette
installate all'interno del cilindro. Il contenuto rotola
all'interno del cilindro svolgendo un'azione abrasiva. Una
volta completato il numero di giri specificato, il contenuto
viene rimosso dal cilindro e la porzione di aggregato viene
vagliata sullo staccio con luce di maglia di 2 mm per
misurare l'usura, espressa come perdita percentuale di
passante.
(UNI
EN 1097-9 e s.m.i)
3.15
Prova con anello e biglia su filler
La prova viene utilizzata per determinare gli
effetti di rapprendimento provocati dal filler miscelato al
bitume.
La prova è eseguita impiegando filler con
granuli di dimensioni minori di 0,125 mm e bitume. Una serie
di dischi di bitume e di miscela di bitume/filler è posta su
anelli di ottone. Gli anelli sono riscaldati a bagnomaria a
velocità controllata mentre supportano una biglia d’acciaio
e si determina la temperatura alla quale i dischi
ammorbidiscono tanto da consentire alla biglia d’acciaio di
abbassarsi di (25,0 ± 0,4) mm. Viene calcolato il valore
medio della temperatura degli anelli che contengono il
bitume e di quelli che contengono la miscela bitume/filler.
La differenza tra le due temperature medie è registrata come
ΔR&B
(UNI
EN 13179-1 e s.m.i)
3.16
Numero di bitume del filler per miscele
bituminose
Una miscela di filler posta in un recipiente
cilindrico è sottoposta a penetrazione per un tempo di 5 s
da un punzone in alluminio di 8 mm di diametro e di massa 15
g. Si determina la quantità di acqua necessaria perché il
punzone penetri nella miscela per una profondità compresa
tra 5,0 mm e 7,0 mm.
(UNI
EN 13179-2)
3.17
Determinazione della resistenza al gelo e
disgelo
Le frazioni di prova degli aggregati a
granulometria omogenea, immersi in acqua a pressione
atmosferica, sono soggetti a 10 cicli di gelo-disgelo. Ciò
comporta un raffreddamento fino a -17,5 °C sott’acqua e un
successivo scongelamento in bagno d’acqua a circa 20 °C.
Terminati i cicli di gelo-disgelo, gli aggregati
vengono esaminati per riscontrare eventuali cambiamenti
(formazione di cricche, perdita di massa e, se appropriato,
cambiamento di resistenza alla frammentazione – Los
Angeles).
Il metodo di prova consiste nell’immersione a
pressione atmosferica, conservazione in acqua per un
completo assorbimento d’acqua ed esposizione all’azione del
gelo sott’acqua.
(UNI
EN 1367-1 e s.m.i)
3.18
Prova al solfato di magnesio
Un campione da laboratorio di un aggregato nella
gamma dimensionale da 10 mm a 14 mm viene sottoposto a
cinque cicli di immersione in una soluzione satura di
solfato di magnesio, seguiti da essiccazione in forno a (110
± 5) °C. Questo sottopone il campione da laboratorio
dell'aggregato agli effetti dirompenti della ripetuta
cristallizzazione e reidratazione del solfato di magnesio
all'interno dei pori dell'aggregato. La degradazione
derivante dagli effetti dirompenti viene misurata dalla
quantità di materiale più fine di 10 mm che viene prodotto
sotto forma di particelle.
(UNI
EN 1367-2 e s.m.i)
3.19
Prova di bollitura per basalto "Sonnenbrand"
Singoli pezzi di roccia basaltica sono
sottoposti ad esame per individuare segni di "Sonnenbrand" e
campioni di basalto in granulometria selezionata sono
sottoposti a prova per determinare la perdita percentuale di
massa e la riduzione della resistenza dopo bollitura con
prova Los Angeles.
(UNI
EN 1367-3 e s.m.i)
3.20
Determinazione del ritiro per essiccamento
L'aggregato in prova viene miscelato con cemento
ed acqua e colato in prismi di dimensioni definite. I prismi
sono sottoposti a bagnatura seguita da essiccamento e viene
rilevata la variazione in lunghezza dallo stato bagnato a
quello secco. Il ritiro per essiccamento eccedente viene
attribuito all'aggregato ed è espresso come la variazione
media in lunghezza dei prismi, come percentuale delle loro
lunghezze finali allo stato secco.
(UNI
EN 1367-4 e s.m.i)
3.21
Determinazione della resistenza allo shock
termico
La prova consiste nel portare a 700 °C per 3 min
gli aggregati saturi e calcolare l’aumento del passante
attraverso lo staccio da 5 mm dopo lo shock termico. La
resistenza alla frammentazione (Los Angeles) è quindi
eseguita su un campione dopo riscaldamento e perdita di
resistenza calcolata in raffronto al risultato di un
campione che non è stato riscaldato.
(UNI
EN 1367-5 e s.m.i)
3.22
Determinazione dei cloruri idrosolubili
Questa prova è adatta per aggregati in cui il
contenuto di cloruri deriva direttamente dal contatto o
dall'immersione in acqua salata, per esempio aggregati
dragati dal mare. In alcuni aggregati, per esempio
provenienti da aree desertiche, la prova con acido nitrico
eseguita su di un estratto di un campione di aggregato
macinato finemente, può mostrare livelli significativamente
superiori di cloruro rispetto al metodo di estrazione ad
acqua.
Una porzione di prova di aggregato viene
estratta con acqua per rimuovere gli ioni cloruro. Il metodo
di analisi dell'estratto è basato su quello della
titolazione di Volhard, dove una eccedenza di soluzione di
nitrato di argento viene aggiunta alla soluzione di cloruro
e la porzione non reattiva viene retro titolata con una
soluzione normalizzata di tiocianato, utilizzando soluzione
di solfato di ferro (III) ammonio come indicatore.
I cloruri sono espressi e registrati in termini
di contenuto di ioni cloruro come percentuale in massa
dell'aggregato.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.23
Determinazione dei solfati idrosolubili
Una porzione di prova dell'aggregato viene
estratta con acqua per rimuovere gli ioni solfato
idrosolubili. Il contenuto di solfati idrosolubili viene
determinato per precipitazione ad un pH tra 1 e 1,5, con una
soluzione di cloruro di bario, al punto di ebollizione.
La determinazione viene quindi completata
gravimetricamente e il contenuto di ioni solfato viene
espresso come percentuale in massa dell'aggregato.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.24
Determinazione dei solfati solubili in acido
Mediante gravimetria si determina il tenore in
solfati estratti, per mezzo di acido cloridrico, da una
porzione di prova di aggregato. Il contenuto di ioni solfato
viene espresso come percentuale in massa dell'aggregato.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.25
Determinazione del contenuto totale di zolfo
Una porzione di prova di un aggregato viene
trattato con bromo e acido nitrico per trasformare in
solfato qualsiasi composto di zolfo presente; i solfati sono
precipitati e pesati sotto forma di BaSO4. Il contenuto di
zolfo è espresso come percentuale in massa dell'aggregato.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.26
Determinazione dei contaminanti leggeri
Questa prova è un metodo per valutare la massa
percentuale di particelle leggere contenute in aggregati
fini. Il metodo valuta sostanze come lignite e carbone che
possono causare macchie o pop-outs sulla superficie di malte
o calcestruzzi.
I minerali inorganici che comprendono aggregati
fini commercialmente utilizzabili per calcestruzzi e malte,
quasi senza eccezione, hanno una massa volumica relativa
delle particelle maggiore di 2,0. Immergendo una certa
quantità di aggregato fine in un liquido di massa volumica
relativa appena al disotto di 2,0, le particelle con massa
volumica minore vengono a galla, facilitando la loro
rimozione per esaminarle e quantificarle.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.27
Rilevamento della presenza di particelle di
solfuro di ferro reattivo
Questa prova rileva le particelle di solfuro di
ferro che, quando sono presenti o prossime alla superficie
del calcestruzzo, possono causare la formazione di chiazze
marroni. Può essere impossibile rimuovere queste macchie se
non con azione meccanica.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.28
Determinazione del contenuto di sostanza humica
L'humus è una sostanza organica che si forma nel
suolo dalla decomposizione di residui animali e vegetali. Il
contenuto di humus viene valutato dal colore che si osserva
quando una porzione di prova viene agitata in una soluzione
di idrossido di sodio.
Il metodo è basato sul fatto che l'humus
sviluppa un colore scuro per reazione con NaOH. L'intensità
del colore dipende dal contenuto di humus. Se la soluzione è
incolore o solo leggermente colorata, l'aggregato non
contiene rilevanti quantità di humus. Una forte reazione di
colore deriverà solitamente da un alto contenuto di humus,
ma può essere dovuta anche ad altre cause. Perciò, in questo
caso, il metodo non fornisce alcuna conclusione definitiva.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.29
Determinazione del contenuto di acido fulvico
Questa prova determina il contenuto di acido
fulvico che può essere presente negli aggregati fini,
specialmente in terreni sabbiosi che devono essere
stabilizzati con cemento.
Gli acidi fulvici sono componenti degli acidi
humici che hanno effetti ritardanti sulla idratazione del
cemento. Gli acidi fulvici si dissolvono in acido cloridrico
producendo un colore giallo. L'intensità del colore aumenta
con l'aumentare della concentrazione di acidi fulvici.
Composti di Fe(III) producono un colore marrone
in acido cloridrico. Questo colore viene eliminato
convertendo i composti di Fe(III) in composti incolori di
Fe(II), utilizzando una soluzione di cloruro di stagno.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.30
Determinazione dei contaminanti organici con il
metodo della malta
Il metodo della malta è una prova prestazionale
destinata a dimostrare e quantificare qualunque effetto
possano avere i contaminanti organici degli aggregati sulla
presa e l’indurimento della malta. Il principio del metodo
consiste nel preparare due malte nominalmente identiche e
provarle nei confronti della velocità di presa e della
resistenza alla compressione.
Una malta contiene l'aggregato di prova nelle
condizioni in cui si trova, mentre l'altro impasto viene
preparato da una porzione di prova duplicata che è stata
riscaldata allo scopo di distruggere la materia organica.
L'aggregato riscaldato, in effetti, agisce come riferimento
nei confronti dell'aggregato originale con cui viene
confrontato. La prova di indurimento valuta l'accelerazione
o il ritardo della presa della malta, mentre la resistenza a
28 giorni indica qualunque effetto a lungo termine.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.31
Determinazione dell’idrosolubilità
La porzione di prova dell'aggregato viene
estratto con il doppio della sua massa di acqua. Dopo
l'estrazione, l'aggregato recuperato viene seccato e pesato.
(UNI EN 1744-1 e s.m.i)
3.32
Determinazione della perdita per calcinazione
La perdita per calcinazione viene determinata in
atmosfera ossidante (aria). Eseguendo la calcinazione in
aria a 975°C, il biossido di carbonio e l'acqua non
evaporata durante l'essiccazione vengono espulsi, come
qualunque altro elemento volatile ossidabile presente.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.33
Determinazione della calce libera in loppe di
acciaieria
Questa prova determina la presenza di calce
libera (CaO), che è potenzialmente espansiva, e calce idrata
[Ca(OH)2], che non è espansiva.
La calce libera viene estratta da un campione
macinato di aggregato per mezzo di glicole etilenico caldo.
Il contenuto di ioni calcio nell'estratto viene
successivamente determinato per mezzo di titolazione
complessometrica.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.34
Determinazione della disintegrazione del
silicato dicalcico di loppe di altoforno raffreddate ad
aria
Questa prova determina la predisposizione alla
disintegrazione di grumi frantumati di loppe di altoforno,
risultanti dalla inversione della forma metastabile del silicato
dicalcico alla forma . Tale fenomeno è talvolta
impropriamente chiamato "disintegrazione della calce".
Le superfici delle loppe frantumate diventano
fluorescenti sotto l'effetto della luce ultravioletta nella
gamma della luce visibile. L'aspetto e il colore della
fluorescenza consentono il rilevamento di sospetti residui
di fusione rispetto alla disintegrazione del silicato.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.35
Determinazione della disintegrazione del ferro
delle loppe di altoforno raffreddate all’aria
Questa prova determina la predisposizione alla
disintegrazione di loppe di altoforno frantumate, risultante
dalla idrolisi dei solfuri di ferro e manganese.
La disintegrazione del ferro che si produce per
invecchiamento in atmosfera umida o per esposizione alla
pioggia, ma molto più rapidamente sotto acqua, viene
osservata esaminando il comportamento di pezzi di loppa che
sono stati immersi in acqua.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.36
Determinazione dell’espansione delle loppe di
acciaieria
Questa prova determina la predisposizione alla
dilatazione di loppe d’acciaieria frantumate, risultante
dalla idratazione tardiva di calce "cotta a morte" e/o
ossido di magnesio libero.
Un campione di scorie compattato, ottenuto
mescolando granuli di dimensione nota, viene sottoposto ad
un getto di vapore a 100 °C in una camera a vapore a
pressione ambiente. In questo modo l'umidità necessaria per
la reazione con la calce libera e l'ossido di magnesio
libero viene continuamente convogliata al campione di prova.
Qualsiasi variazione nel volume causata da questa reazione
viene letta da un indicatore di prova posto direttamente
sulla superficie del campione. Il risultato è un incremento
di volume, calcolato in % rispetto al volume originale del
campione di scorie campione.
(UNI
EN 1744-1 e s.m.i)
3.37
Esame petrografico
Dal campione in esame è stata ricavata una
sezione sottile ed attraverso analisi al microscopio
polarizzatore è stato possibile fornire la descrizione
petrografica del campione
(UNI
EN 932-3 e s.m.i)
3.38
Analisi granulometrica per stacciatura
La prova consiste nel dividere, per mezzo di una serie di stacci,
un materiale in numerose classi granulometriche di
dimensioni decrescenti. Le dimensioni delle maglie e il
numero degli stacci sono scelti in base alla natura del
campione ed alla precisione richiesta.
Il procedimento adottato è il lavaggio seguito da stacciatura a
secco. La massa delle particelle trattenute sui vari stacci
viene rapportata alla massa iniziale del materiale. Le
percentuali cumulative del passante attraverso ciascuno
staccio sono registrate sotto forma numerica e, se
richiesto, rappresentate sotto forma grafica.
(UNI EN 933-1 e
s.m.i)
3.39
Granulometria dei filler (stacciatura a getto
d’aria)
La prova consiste nella divisione e separazione,
per mezzo di una serie di stacci, di un campione di filler
in diverse classi granulometriche aventi dimensioni
decrescenti. La prova è particolarmente idonea ai materiali
che a secco non tendono né ad agglomerarsi né a caricarsi
elettrostaticamente.
Il metodo adottato è la stacciatura a getto
d’aria. La massa dei granuli che passano ad ogni staccio è
riferita alla massa iniziale del materiale. Le percentuali
ottenute sono usate sia nella loro forma numerica sia in
quella grafica.
(UNI
EN 933-10 e s.m.i)
3.40
Indice di forma degli aggregati
I singoli granuli in un campione di aggregato grosso sono
classificati in base al rapporto esistente tra la loro lunghezza L e lo spessore E
utilizzando, dove necessario, un calibro a cursore.
L’indice di forma è calcolato come la massa dei granuli aventi un
rapporto di dimensioni L/E maggiore di 3 espresso come
percentuale sulla massa secca complessiva dei granuli
esaminati.
(UNI EN 933-4 e
s.m.i)
3.41
Indice di appiattimento degli aggregati
La prova consiste in due operazioni di stacciatura. Dapprima,
usando stacci di prova, il campione viene separato in varie
classi granulometriche di/Di . Ogni
classe granulometrica di/Di viene
quindi stacciata usando stacci che hanno aperture parallele
di larghezza pari a Di /2.
Il coefficiente di appiattimento globale viene calcolato
considerando la massa totale dei granuli che passano
attraverso le aperture delle barre, espressa come
percentuale della massa totale secca dei granuli esaminati.
Se necessario, l’indice di appiattimento di ogni classe
granulometrica di/Di , si calcola
considerando la massa di granuli passanti attraverso lo
staccio corrispondente, espressa come percentuale della
massa di quella classe granulometrica.
(UNI EN 933-3 e
s.m.i)
3.42
Determinazione della percentuale di superfici
frantumate negli aggregati grossi
La prova consiste nel separare manualmente le
particelle di una porzione di prova di un aggregato grosso
in:
-particelle frantumate o spezzate, comprese le
particelle totalmente frantumate o spezzate;
-particelle arrotondate, comprese le particelle
totalmente arrotondate.
La massa di ognuno di questi gruppi è
determinata ed espressa come percentuale della massa della
porzione di prova. Le particelle totalmente frantumate o
spezzate e le particelle totalmente arrotondate vengono
quindi separate manualmente dalle particelle frantumate o
spezzate e dalle particelle arrotondate e la massa di questi
due gruppi è determinata ed espressa come percentuale della
massa della porzione di prova.
(UNI
EN 933-5 e s.m.i)
3.43
Coefficiente di scorrimento degli aggregati
Il coefficiente di scorrimento di un aggregato è il tempo,
espresso in secondi, impiegato da un volume specificato di
aggregato per passare attraverso una data apertura, a
condizioni specificate, utilizzando una apparecchiatura
normalizzata.
(UNI EN 933-6 e
s.m.i)
3.44
Percentuale di conchiglie negli aggregati grossi
La prova consiste nel selezionare manualmente
conchiglie e frammenti di conchiglia da un campione di prova
di aggregato grosso. Il contenuto di conchiglie viene
determinato come rapporto tra la massa delle conchiglie e
frammenti di conchiglie rispetto alla massa del campione di
prova. Il contenuto di conchiglie, SC, viene espresso come
percentuale.
(UNI EN 933-7 e s.m.i)
3.45
Prova dell’equivalente in sabbia
Una porzione di prova di sabbia e una piccola
quantità di soluzione flocculante vengono versati in un
cilindro graduato e quindi agitati per rimuovere il
rivestimento argilloso dalle particelle di sabbia nella
porzione di prova. La sabbia viene quindi "irrigata"
utilizzando ulteriore soluzione flocculante che forzi le
particelle fini in sospensione sulla sabbia. Dopo 20 min, il
valore equivalente di sabbia (SE) viene calcolato come
l’altezza del sedimento espressa come percentuale
dell’altezza complessiva del materiale flocculato nel
cilindro.
(UNI
EN 933-8 e s.m.i)
3.46
Prova del blu di metilene
Gocce di una soluzione di blu di metilene
vengono aggiunte in successione ad una sospensione del
campione in acqua. L'assorbimento della soluzione colorata
da parte del campione viene verificato dopo ogni aggiunta di
soluzione osservando la macchia su carta filtrante per
rilevare la presenza di colorante libero. Quando la presenza
di colorante non assorbito viene confermata, il valore del
blu di metilene (MB o MBF) viene calcolato ed espresso come
grammi di colorante assorbito per kilogrammo della frazione
provata.
(UNI
EN 933-9 e s.m.i)
3.47
Determinazione del contenuto di grumi di argilla
e particelle friabili
Si determina la massa del campione in esame
essiccato fino a massa costante e lo si dispone in strato
sottile sul fondo del recipiente; lo si ricopre d'acqua
distillata e lo si lascia a bagno per 24 h.
Ogni particella che si possa spappolare tra le
dita fino a ridurla così fine da essere eliminata facilmente
mediante stacciatura ad umido sugli stacci adeguati deve
essere classificata come grumo di argilla o particella
friabile. Lo spappolamento delle particelle friabili o grumi
di argilla consiste nello schiacciare o fare rotolare i
granuli tra i polpastrelli del pollice e dell’indice. Non si
devono spezzare i granuli con le unghie né si devono
pressare contro superficie dure. Dopo che tutti i grumi di
argilla e le particelle friabili sono stati spappolati, si
separa la poltiglia dal resto del campione mediante
stacciatura ad umido adeguati stacci.
La stacciatura ad umido si esegue manualmente
continuando ad agitare e versare acqua sul campione posto
sullo staccio finché il materiale più fine sia completamente
passato nel sottovaglio.
Le particelle trattenute devono essere rimosse
con cura dallo staccio, essiccate fino a massa costante alla
temperatura di 105°C e lasciate raffreddare alla temperatura
ambiente. Si determina la massa del residuo secco rispetto
alla massa iniziale.
(UNI
8520-8 e s.m.i)
3.48
Determinazione del coefficiente di frantumazione
Dal campione in esame si campiona un provino
passante al Tyler 3/8 e trattenuto al Tyler n° 4; si
deposita sotto la macchina di prova composta da una ruota in
acciaio con una zavorra di 400 kg. Si fa passare la ruota
più volte sul campione; il materiale frantumato si raccoglie
e si setaccia con una serie particolare di setacci.
La somma delle percentuali dei passanti ai
suddetti setacci esprime il coefficiente di frantumazione.
(CNR 4
e s.m.i)
4.1
Determinazione della penetrazione con ago
Si misura la penetrazione di un ago normalizzato in un campione di
prova condizionato. Per penetrazioni fino a 50 dm
i parametri operativi sono una temperatura di prova
di 25 °C, un carico applicato di 100 g, ed una durata di
applicazione del carico di 5 s. Per penetrazioni maggiori di
50 dm la temperatura di prova viene ridotta a 15 °C, mentre
rimangono invariati i parametri operativi del carico
applicato e la durata di applicazione.
(UNI EN 1426 – CNR 24 e s.m.i.)
4.2
Determinazione del punto di rammollimento -
Metodo biglia ed anello
Due dischi orizzontali di legante bituminoso, colati in anelli di
ottone con bordi, sono riscaldati a velocità controllata in
un bagno liquido, mentre ognuno di essi sostiene una biglia
di acciaio. Si indica come punto di rammollimento la media
delle temperature alle quali i due dischi rammolliscono
tanto da far scendere ogni biglia, avvolta dal legante
bituminoso, di 25 mm
(UNI EN 1427 – CNR 35 e s.m.i.)
4.3
Determinazione del punto di rottura secondo il
metodo Fraass
Il punto di rottura indica la temperatura alla quale un bitume,
raffreddato progressivamente, raggiunge un determinato grado
di fragilità misurato in modo convenzionale mediante
un’apposita apparecchiatura.
(CNR 43 – UNI EN 12593 e s.m.i.)
4.4
Solubilità in solventi organici.
La solubilità di un bitume in un solvente organico
è espressa dalla percentuale in peso del bitume che risulta
solubile in quel solvente.
(CNR 48 – UNI EN 12592 e s.m.i.)
4.5
Duttilità di un bitume
La duttilità di un bitume è espressa dall’allungamento, in
centimetri, che un provino normalizzato può subire prima di
rompersi, quando viene sollecitato a trazione in determinate
condizioni di prova.
(CNR 44 – UNI EN 13589 – UNI EN 13398 e s.m.i.)
4.6
Perdita per riscaldamento – Volatilità.
La perdita per riscaldamento (volatilità) di un
bitume è espressa dalla perdita percentuale in peso che un
provino anidro subisce quando viene riscaldato in
determinate condizioni di prova.
(CNR
50 e s.m.i.)
4.7
Perdita per riscaldamento in strato sottile
(RTFOT)
Una pellicola di legante bituminoso in movimento
viene riscaldata ad una determinata temperatura, in stufa,
per un determinato periodo di tempo, con un flusso costante
di aria.
Gli effetti del calore e dell'aria sono
determinati in base alla variazione della massa (espressa in
percentuale), oppure come variazione delle caratteristiche
del legante bituminoso, come la penetrazione, punto di
rammollimento prima e dopo la permanenza in stufa.
(UNI EN 12607-1 CNR 54 e s.m.i.)
4.8
Contenuto di paraffina
Il contenuto di paraffina di un bitume è espresso
dal valore percentuale della massa della paraffina estratta
dal bitume mediante procedimenti di distillazione,
soluzione, filtrazione ed evaporazione.
(CNR
66 e s.m.i.)
4.9
Determinazione del punto di infiammabilità
Il punto di infiammabilità è la temperatura alla
quale, in determinate condizioni di prova, un bitume deve
essere riscaldato per sviluppare una quantità di vapori
sufficiente per formare con l’aria una miscela che si
accende in presenza di una fiamma.
(CNR
72 e s.m.i.)
4.10
Densità a 25/25°C
La densità a 25/25°C di un bitume è espressa dal
rapporto fra la massa di un determinato volume del materiale
a 25°C e quella di un uguale volume d’acqua distillata alla
stessa temperatura.
(CNR
67 e s.m.i.)
5.1
Determinazione del peso di volume
Si definisce peso di volume della miscela
bituminosa il peso dell’unità di volume della miscela
asciutta.
Il volume della miscela viene misurato mediante
pesata in acqua a temperatura ambiente dopo aver provveduto
ad impermeabilizzare il provino con paraffina.
(CNR 40 UNI EN 12697-5 e s.m.i.)
5.2
Determinazione del contenuto di legante
Lo scopo della prova è quello di separare il
bitume dall’aggregato litico in un campione di miscela
bituminosa onde procedere alla determinazione del
quantitativo di bitume. La determinazione può essere
eseguita a caldo o a freddo.
(CNR 38 UNI
EN 12697-1 e s.m.i.)
5.3
Determinazione della percentuale dei vuoti con
compattazione ad impatto
Si definisce percentuali dei vuoti di una miscela
bituminosa il rapporto percentuale fra il volume dei vuoti
intergranulari occupati dall’aria ed il volume totale della
miscela. Occorre preventivamente calcolare il peso di volume
della miscela, la percentuale di legante della miscela, il
peso specifico del legante, il peso specifico dei grani
dell’aggregato.
(CNR 39 UNI
EN 12697-8 e s.m.i.)
5.4
Determinazione dei vuoti e della compattabilità
con pressa giratoria
La variazione della percentuale dei vuoti del
provino compattato in funzione dell'energia di compattazione
è determinata in funzione del numero dei giri utilizzati per
la compattazione
(UNI
EN 12697-10 e s.m.i.)
5.5
Prova Marshall
La prova misura convenzionalmente le proprietà
meccaniche (stabilità e scorrimento) di miscele bituminose
confezionate a caldo sottoponendo a rottura, in condizioni
di prova standardizzata, provini cilindrici del diametro di
101,6 mm
Vengono indicati come stabilità Marshall, espressa
in kg o kN, il carico di rottura del provino e come
scorrimento Marshall, espresso in mm, la deformazione subita
dal provino al momento della rottura.
(CNR 30 UNI EN 12697-34 e s.m.i.)
5.6
Determinazione della resistenza a trazione
indiretta
La prova ha lo scopo di misurare convenzionalmente
la resistenza a trazione indiretta e la deformazione a
rottura di miscele di aggregati lapidei e bitume.
La prova si applica alle miscele di aggregati
lapidei e bitumi semisolidi per usi stradali e può
utilizzare sia provini preparati in laboratorio con la
compattazione Marshall che carote prelevate dalle
pavimentazioni.
La prova può essere eseguita a temperatura fra -20
e +60 °C e permette di stabilire i criteri di qualità ed
accettabilità delle miscele bituminose sia in fase di studio
degli impasti, sia di comportamento in opera.
(CNR 134 UNI EN 12697-23 e s.m.i.)
5.7
Valutazione dell’effetto di immersione in acqua
di miscele bituminose
La prova consiste nel determinare la riduzione
del valore di resistenza meccanica a rottura ed il
rigonfiamento della miscela in conseguenza di un prolungato
periodo di immersione in acqua. La resistenza meccanica a
rottura può essere determinata sia mediante la prova
Marshall, che con la prova di trazione indiretta.
(CNR 149 UNI EN 12697-12 e s.m.i.)
5.8
Permeabilità su un provino di conglomerato
bituminoso
Una colonna d'acqua con un'altezza costante è
applicata a un provino cilindrico; all’acqua è permesso di
permeare attraverso il campione per un tempo controllato sia
in una direzione verticale o orizzontale a seconda del
parametro che si vuole misurare. Il tasso risultante del
flusso idrico Qv o Qh è una misura calcolata del valore
permeabilità Kv o Kh. La prova viene eseguita a temperatura
ambiente.
(UNI
EN 12697-19 e s.m.i.)
5.9
Misura della resistenza di attrito radente –
Skid Test
Questa prova determina la resistenza di attrito
radente mediante l’impiego di apparecchiatura portatile
basata su di un pendolo portante all’estremità libera un
pattino di gomma.
L’apparecchio può essere usato per misure piane
(sia in laboratorio che su strada), per la valutazione del
grado di resistenza allo scivolamento.
(CNR
105 e s.m.i.)
5.10
Determinazione della granulometria
La prova consiste nella determinazione della
distribuzione granulometrica degli aggregati nella miscela
bituminosa mediante stacciatura e pesatura. Un’analisi
granulometrica dell’aggregato è eseguita dopo l’estrazione
del legante.
(UNI EN 12697-2 e s.m.i.)
6
ACCIAI Cemento
Armato
e Precompresso – Costruzioni Metalliche
6.1
Prova di trazione su barre e fili di acciaio per
cemento armato
La prova consiste nel sottoporre una provetta
(costituita da uno spezzone di barra ) ad uno sforzo di
trazione, fino a rottura, allo scopo di determinarne la
tensione di snervamento, la tensione di rottura e
l’allungamento percentuale a rottura
(UNI
EN 15630-1 e s.m.i.)
6.2
Prova di piegamento e raddrizzamento su barre e
fili di acciaio per cemento armato.
La prova consiste nel sottoporre una provetta a
deformazione plastica mediante piegamento, senza cambiare la
direzione di applicazione del carico, finché venga raggiunto
un determinato angolo di piegamento (90° oppure 180°). Le
proprietà di invecchiamento vengono determinate con prova di
piegamento a 90°, successivo trattamento termico a 100°C per
60 minuti ed il raddrizzamento per almeno 20°, senza
produrre cricche nelle provette.
(UNI
EN 15630-1 e s.m.i.)
6.3
Misura dell’area relativa di nervatura o
dentellatura
La barra con nervature viene misurata
accuratamente determinando l’altezza delle nervature e/o
profondità della dentellatura, il loro passo, l’angolazione
delle medesime ecc.
(UNI
EN 15630-1 e s.m.i.)
6.4
Prova di trazione su rete elettrosaldata
La prova consiste nel sottoporre una provetta
(costituita da uno spezzone di barra della rete con al
centro almeno una saldatura) ad uno sforzo di trazione, fino
a rottura, allo scopo di determinarne la tensione di
snervamento, la tensione di rottura e l’allungamento
percentuale a rottura
(UNI
EN 15630-2 e s.m.i.)
6.5
Prova di distacco dal nodo
La prova consiste nel registrare la forza
necessaria a distaccare il nodo
di saldatura della rete con apposito dispositivo.
(UNI
EN 15630-2 e s.m.i.)
6.6
Prova di trazione su barre di acciaio per c.a.p.
La prova consiste nel sottoporre una provetta
(costituita da uno spezzone di barra ) ad uno sforzo di
trazione, fino a rottura. Alla barra viene applicato un
estensimetro elettronico collegato ad una centralina dati in
modo da poter determinare oltre alla
tensione di rottura e l’allungamento percentuale
sotto carico massimo, anche la le tensioni caratteristiche f0,1%,
f0,2% f1% .
(UNI
EN 15630-3 e s.m.i.)
6.7
Prova di trazione su trefoli e trecce per c.a.p.
La prova consiste nel sottoporre una provetta
(costituita da uno spezzone del campione opportunamente
inghisato con cappucci metallici e resina ipossidica) ad uno
sforzo di trazione, fino a rottura. A campione viene
applicato un estensimetro elettronico collegato ad una
centralina dati in modo da poter determinare oltre alla tensione di rottura e
l’allungamento percentuale sotto carico massimo, anche la le
tensioni caratteristiche f0,1%, f0,2%
f1% .
(UNI
EN 15630-3 e s.m.i.)
6.8
Prova di trazione su funi
La prova consiste nel sottoporre una provetta
(costituita da uno spezzone del campione opportunamente
inghisato con cappucci metallici e resina ipossidica) ad uno
sforzo di trazione, fino a rottura. A campione viene
applicato un estensimetro elettronico collegato ad una
centralina dati in modo da poter determinare oltre alla tensione di rottura e
l’allungamento percentuale sotto carico massimo, anche la le
tensioni caratteristiche f0,1%, f0,2%
f1% .
(UNI
3171 e s.m.i.)
6.9
Prova di piegamento alternato su fili di acciaio
per c.a.p.
La prova consiste nel piegare più volte a 90° ed
in sensi alternativamente opposti, in un piano, una provetta
fissata ad una estremità: ogni piegamento si effettua su di
un rullo avente superficie cilindrica di raggio 4 volte il
diametro del provino
(UNI 7675 UNI 5294 UNI EN 15630-3 e s.m.i.)
6.10
Prova di trazione su provette ricavate da
profilati metallici
La prova consiste nel sottoporre una provetta a
uno sforzo di trazione fino a rottura, allo scopo di
determinare una o più delle caratteristiche meccaniche come
la tensione di rottura, la tensione di snervamento,
l’allungamento sotto carico Agt, il modulo elastico.
(UNI
EN 10002 e s.m.i.)
6.11
Prova di resilienza su provetta Charpy
La prova consiste nel rompere con un solo colpo,
con una mazza a caduta pendolare, una provetta intagliata
nella sua metà e poggiante su due sostegni, alle condizioni
indicate di seguito. L’energia assorbita viene espressa in
joule. Questo valore di energia assorbita rappresenta la
resistenza agli urti del materiale (resilienza).
(UNI
EN 10045-1 e s.m.i.)
6.12
Prova di trazione su bulloni
La prova consiste nel sottoporre il bullone di
prova opportunamente ammorzato nella macchina di prova ad
uno sforzo di trazione, fino a rottura, allo scopo di
determinarne la tensione di snervamento, la tensione di
rottura.
(UNI EN 20898-1
UNI EN 898-1 e s.m.i.)
6.13
Prova di carico su viti
Sulla lunghezza del
provino vengono impressi dei riferimenti con apposite
attrezzature; la prova consiste nel sottoporre il bullone ad
un carico di trazione conforme al diametro del provino,
quindi si scarica il campione e si misura la deformazione
plastica del campione.
(UNI
EN 20898-1 e s.m.i.)
6.14
Prova di carico su dado
Il dado di prova viene avvitato su di un
mandrino temprato e quindi provato a trazione ad un carico
prefissato e mantenuto per 15 secondi. Il dado deve
resistere al carico senza cedimenti dovuti a rottura o
strappamento della filettatura e, tolto il carico, il dado
deve potersi svitare a mano.
(UNI
EN 20898-2 e s.m.i.)
6.15
Prove su saldature con liquidi penetranti
Previa adeguata
pulizia con solvente-sgrassante, sulle parti
da esaminare viene applicato un liquido penetrante
(RED WW - CGM) che vi permane per il "tempo di penetrazione”
(10 minuti) e quindi viene rimosso con getto di acqua a
pressione: convenientemente asciugate, sulle medesime viene
applicato uno strato sottile ed uniforme di un rilevatore
bianco (ROTRIVEL U – WHITE W - CGM).
Dall'ispezione
in luce naturale vengono valutate le eventuali difformità,
secondo il prestabilito criterio di
accettazione.
(UNI EN 571-1 e s.m.i.)
6.16
Prove su saldature con ultrasuoni
Il metodo
utilizzato si basa sulla riflessione delle onde a ultrasuoni
longitudinali, la cui direzione è circa perpendicolare alla
superficie del prodotto. L'esame consiste nella: a)
localizzazione e valutazione del difetto mediante confronto
dell'ampiezza dell'eco del difetto con l'ampiezza dell'eco
del foro a fondo piatto di diametro dato e situato alla
stessa profondità del difetto; b) determinazione dell'area
del difetto in conformità alla tecnica della larghezza del
profilato -6 dB. La larghezza del difetto deve essere
determinata perpendicolarmente alla direzione di
scorrimento. La lunghezza deve essere determinata nella
direzione di scorrimento. L'esame è eseguito con una sonda
ad emettitore e ricevitore separati durante la prima
scansione a ultrasuoni (prima eco di fondo) e da un solo
lato.
(UNI
EN 10306 e s.m.i.)
6.17
Prove magnetoscopiche
La
prova magnetoscopica è principalmente applicabile alla
rilevazione della discontinuità superficiale di saldature di
materiale ferromagnetico in particolare le fessure. Può
inoltre rilevare discontinuità appena sotto la superficie,
ma la sua sensibilità diminuisce rapidamente con la
profondità
(UNI
EN ISO 9934-1 e s.m.i.)
6.18
Prove visive
L’esame
visivo di saldature può essre eseguito sia con metodo
diretto, sia remoto e serve a determinare la conformità di
un prodotto (per esempio condizone superficiale del pezzo,
allineamento di superfici combacianti, forma del pezzo).
L’esame
visivo diretto è caratterizzato da un percorso ottico
ininterrotto dall’occhio dell’osservatore all’area di prova.
Può essere assistito da specchi, lenti, endoscopio o fibra
ottica.
L’esame
visivo remoto deve essere assistito dall’uso di macchina
fotografica o sistemi video.
6.19
Prove per la determinazione della composizione
chimica degli acciai
La
prova consiste nella determinazione percentuale degli
elementi chimici con apposita strumentazione, al fine di
determinare anche il Carbonio equivalente
7
ACQUA DI IMPASTO
PER CALCESTRUZZI
7.1
Determinazione del calcio
La procedura analitica consiste nella
titolazione complessometrica degli ioni calcio mediante una
soluzione acquosa del sale disodico dell’acido
etilendiamminotetracetico (EDTA ) a valori di pH fortemente
alcalini ( pH 12 - 13 ). Il punto equivalente nella
titolazione viene rilevato mediante l’utilizzo di HSN noto
come acido carboncalconico che forma, in presenza di ioni
calcio, un complesso rosso che vira al blu al punto di
equivalenza. Nelle condizioni di pH adottate per la
titolazione dello ione calcio, gli ioni magnesio precipitano
sottoforma di idrossido di magnesio che pertanto non
interferiscono nella determinazione.
(UNI ISO 6058 e s.m.i.)
7.2
Determinazione dei cloruri
La procedura analitica si basa sulla
determinazione degli ioni cloruro mediante titolazione con
soluzioni di nitrato di argento (AgNO3) 0,1 M in soluzione
neutra o leggermente alcalina utilizzando cromato di
potassio (K2CrO4) come indicatore. In tali condizioni lo
ione cloruro precipita quantitativamente come cloruro di
argento (AgCl) di colore bianco azzurrognolo e,
successivamente, si ha formazione di cromato di argento
(Ag2CrO4) di colore rosso (indicatore).
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.3
Determinazione della conduttività elettrica
La determinazione della conducibilità elettrica
specifica viene eseguita misurando la resistenza elettrica
specifica di un’aliquota della soluzione mediante un ponte
di Kohlrausch. E’ necessaria la conoscenza e la verifica
periodica della costante della cella di misura utilizzata.
Tale costante viene controllata utilizzando soluzioni di
riferimento a conducibilità elettrica specifica nota. Il
valore della misura viene sempre riferito alla temperatura
di 20°C.
(UNI ISO 7888 e s.m.i.)
7.4
Determinazione della durezza totale
La procedura analitica si basa sulla titolazione
complessometrica degli ioni calcio e magnesio, disciolti nel
campione tamponato a pH 10, con una soluzione di sale
disodico dell’acido etilendiamminotetracetico (EDTA) in
presenza di eriocromo T come indicatore. In tali condizioni
il campione da titolare assume un colore rosso-violetto che
al raggiungimento del punto equivalente (quando tutti gli
ioni calcio e magnesio sono stati complessati dell’EDTA)
vira al blu.
(UNI ISO 6059 e s.m.i.)
7.5
Determinazione dei nitriti
La solfanilammide viene diazotata a pH 1,5 - 2,0
dall’acido nitroso ed il diazocomposto che ne risulta viene
copulato con la N-(1-naftil)-etilendiammina; si ottiene così
un diazocomposto colorato la cui assorbanza viene misurata a
543 nm. In queste condizioni operando con celle con cammino
ottico da 1 cm, l’azocomposto colorato segue la legge di
Lambert-Beer fino a 0,6 mg/L di ione nitroso.
(UNICHIM 939-1994 e s.m.i.)
7.6
Determinazione del pH
La determinazione è basata sulla misura della
differenza di potenziale ai capi di una catena galvanica
(pila elettrochimica) costituita da un elettrodo sensibile
all’attività degli ioni idrogeno e da un elettrodo di
riferimento. Di solito, come sensore viene impiegato un
elettrodo a vetro combinato con opportuno elettrodo di
riferimento.
(UNI
10501-1994 e s.m.i.)
7.7
Determinazione dell’acidità
Il metodo è limitato alla determinazione
dell’acidità forte e consiste nel titolare un campione
dell’acqua in esame con una soluzione di riferimento di base
forte. Il punto finale della titolazione è fissato a pH 3,7,
punto di viraggio dell’indicatore al metilarancio.
(APHA-1998
e s.m.i.)
7.8
Determinazione dell’alcalinità
Il campione è titolato direttamente aggiungendo
volumi noti di soluzione di riferimento di acido e
annotando, dopo ogni aggiunta, il valore del pH misurato con
un pHmetro. I due punti di equivalenza possono essere
identificati dai due flessi delle curve di titolazione o dai
massimi ottenuti diagrammando le curve derivate.
Il diagramma della curva di titolazione tiene
conto di qualunque spostamento del punto di equivalenza
dovuto alla temperatura, alla forza ionica, ecc. Il metodo
potenziometrico non subisce interferenza da parte del cloro
residuo, è valido per soluzioni colorate e non è affetto
dalle incertezze dovute all’operatore nell’apprezzamento del
viraggio dell’indicatore.
(APHA-1998
e s.m.i.)
7.9
Colore
L’intensità del colore viene determinata
attraverso un confronto visivo fra il campione in esame -
eventualmente diluito con acqua distillata o deionizzata - e
un campione di acqua distillata o deionizzata.
L’osservazione dei campioni è effettuata
attraverso uno spessore di 10 cm su fondo bianco.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.10
Odore
Il metodo prevede l’identificazione e la
classificazione dell’odore e la misura della sua intensità.
La determinazione dell’odore viene di norma eseguita per
diluizione del campione in esame, con acqua inodore, al fine
di valutare la diluizione più spinta alla quale può essere
ancora percepito l’odore. Tale diluizione rappresenta la
soglia di percezione dell’odore ed è una misura indiretta
della sua “concentrazione” nel campione.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.11
Determinazione dei solidi totali disciolti
Un campione d’acqua viene filtrato attraverso un
filtro da 0,45 µm e il filtrato viene essiccato fino a peso
costante in stufa alla temperatura di 103-105°C o a quella
di 180±2°C. L’aumento in peso della capsula di essiccamento,
rispetto al peso della stessa vuota, rappresenta il valore
dei solidi totali disciolti.
(APHA-1998
e s.m.i.)
7.12
Determinazione dei solidi sospesi totali
I solidi sospesi totali presenti in un’aliquota
di campione d’acqua vengono raccolti per filtrazione su un
apposito filtro a membrana e determinati per via
gravimetrica dopo essiccamento del filtro ad una temperatura
di 103-105°C fino a peso costante. Se il tempo richiesto per
la filtrazione risulta troppo lungo (superiore a un’ora) è
opportuno operare una prefiltrazione del campione su filtro
avente porosità superiore a 0,45 µm e filtrare il liquido
risultante su filtro da 0,45 µm. Il contenuto di solidi
sospesi si determina dalla somma dei due residui. Una stima
dei solidi sospesi totali può essere ottenuta calcolando la
differenza tra il valore dei solidi totali* e quello dei
solidi totali disciolti.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.13
Determinazione dei solidi sedimentabili
La misura dei solidi sedimentabili può essere
effettuata per via volumetrica o gravimetrica. Nel primo
caso i solidi sedimentabili vengono determinati mediante
immissione in un cono di Imhoff di 1000 mL di acqua in esame
e successiva misura del volume occupato sul fondo del cono
dai solidi sedimentati in un periodo di tempo determinato.
Nel secondo caso si determina il peso della parte solida
dello stesso volume di fango.
(APHA-1998
e s.m.i.)
7.14
Determinazione del piombo
Il piombo viene determinato per aspirazione
diretta del campione nella fiamma (aria-acetilene) di uno
spettrofotometro ad assorbimento atomico. Dalla misura del
segnale di assorbanza a 283,3 nm si ricava la concentrazione
mediante confronto con una curva di taratura ottenuta con
soluzioni a concentrazioni note di analita, comprese nel
campo di indagine analitico.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.15
Determinazione dello zinco
Lo zinco viene determinato per aspirazione
diretta del campione nella fiamma (aria-acetilene) di uno
spettrofotometro ad assorbimento atomico. Dalla misura del
segnale di assorbanza a 213,9 nm si ricava la concentrazione
mediante confronto con una curva di taratura ottenuta con
soluzioni a concentrazioni note di analita, comprese nel
campo di indagine analitico.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.16
Determinazione del fosforo
Gli ioni ortofosfato reagiscono con il molibdato
di ammonio ed il potassio antimonil tartrato, in ambiente
acido, formando un eteropoliacido che viene ridotto con
acido ascorbico a blu di molibdeno, intensamente colorato,
la cui assorbanza viene misurata alla lunghezza d’onda di
882 nm.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.17
Determinazione dei solfati
Il solfato viene precipitato in ambiente acido
per acido cloridrico come solfato di bario. La
precipitazione viene eseguita ad una temperatura vicina a
quella di ebollizione e, dopo un periodo di digestione, il
precipitato viene filtrato, lavato con acqua esente da
cloruri, seccato, calcinato e pesato come BaSO4.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.18
Determinazione dei detergenti
Versare 80 ml di campione in un cilindro di
misurazione da 100 ml. Sigillare con un tappo idoneo e
scuotere il cilindro vigorosamente per 30 s. Osservare
l’eventuale presenza di schiuma in superficie. Collocare il
cilindro in un luogo privo di vibrazioni e lasciare a riposo
per 30 min. Dopo 2 min controllare la persistenza di schiuma
(UNI EN 1008 e s.m.i.)
7.19
Determinazione di oli e grassi
Versare 80 ml di campione in un cilindro di
misurazione da 100 ml. Sigillare con un tappo idoneo e
scuotere il cilindro vigorosamente per 30 s. Collocare il
cilindro in un luogo privo di vibrazioni e lasciare a riposo
per 30 min. Dopo 2 min controllare la persistenza di oli e
grassi
(UNI EN 1008 e s.m.i.)
7.20
Determinazione della sostanza umica
Introdurre 5 ml del campione in una provetta.
Portare a una temperatura tra 15 °C e 25 °C lasciandola al
chiuso. Aggiungere 5 ml di soluzione di idrossido di sodio
al 3%, scuotere e lasciare riposare per 1 h. Osservare il
colore.
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
7.21
Determinazione degli alcali
Una fiamma butano, propano o acetilene viene
utilizzato per eccitare i metalli alcalini ad emettere il
loro caratteristico spettro nel visibile. L'emissione è
proporzionale al contenuto di alcali a basse concentrazioni.
L'influenza di grandi quantità di calcio presente nel
campione sulla determinazione di sodio è soppressa per mezzo
di acido fosforico. L'influenza di acido fosforico sulle
emissioni di potassio dalle soluzioni di taratura viene
soppressa con l'aggiunta di calcio per le soluzioni di
taratura
(UNI
EN 1008 e s.m.i.)
8.1
Determinazione della finezza
La finezza del cemento viene misurata mediante
setacciatura con stacci normalizzati. In tal modo si
determina anche la percentuale di cemento in cui le
dimensioni dei grani sono maggiori delle dimensioni di
maglia specificate.
(UNI
EN 196-6 e s.m.i.)
8.2
Determinazione della superficie specifica –
metodo Blaine
La finezza di un cemento si misura sotto forma
di superficie specifica osservando il tempo necessario
perché una quantità fissa di aria passi attraverso un letto
di cemento compattato di dimensioni e porosità specificate.
In condizioni normalizzate, la superficie specifica del
cemento è proporzionale a , dove t
è il tempo necessario perché una data quantità di aria passi
attraverso il letto di cemento compattato. Il numero e le
dimensioni dei singoli pori nel letto specificato sono
determinati secondo la distribuzione delle dimensioni delle
particelle di cemento che determina altresì il tempo
necessario per il passaggio dell’aria.
(UNI
EN 196-6 e s.m.i.)
8.3
Determinazione della pasta normale
La pasta cementizia di consistenza normalizzata
ha una resistenza specifica alla penetrazione di una sonda
normalizzata. L'acqua richiesta per tale pasta viene
determinata mediante prova di penetrazione su paste aventi
tenori diversi d'acqua.
(UNI
EN 196-3 e s.m.i.)
8.4
Determinazione di inizio e fine presa
Il tempo di presa è determinato osservando la
penetrazione di un ago nella pasta cementizia di consistenza
normalizzata fino a quando non raggiunge un valore
specifico.
(UNI
EN 196-3 e s.m.i.)
8.5
Determinazione della stabilità
La stabilità viene determinata osservando
l'espansione volumetrica della pasta di cemento di
consistenza normalizzata come indicato dal movimento
relativo di due aghi.
(UNI
EN 196-3 e s.m.i.)
8.6
Determinazione delle resistenze meccaniche
Il metodo comprende la determinazione della
resistenza alla compressione e, volendo, alla flessione di
provini di prova prismatici di dimensioni di 40x40x160 mm.
Questi provini sono formati da un impasto di
malta plastica contenente una parte per massa di cemento e
tre parti per massa di sabbia normalizzata con rapporto
acqua/cemento di 0,50.
La malta viene preparata mediante miscelazione
meccanica e viene compattata in uno stampo usando
l'apparecchio a scosse normalizzato. I provini nello stampo
sono conservati in ambiente umido per 24 h e i provini
sformati sono successivamente conservati immersi nell'acqua
fino al momento di sottoporli alle prove di resistenza
meccanica. Una volta maturati, i provini vengono tolti
dall'acqua, spezzati in due metà sotto flessione e ciascuna
metà sottoposta a prova di resistenza a compressione.
(UNI
EN 196-1 e s.m.i.)
8.7
Determinazione della perdita al fuoco
La perdita la fuoco è determinata in atmosfera
ossidante (aria). L’anidride carbonica e l’acqua sono
allontanate mediante calcinazione all’aria a 975°C, tutti
gli eventuali elementi ossidabili presenti vengono ossidati.
Viene descritta una correlazione dell’influenza di questa
ossidazione sulla perdita al fuoco.
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.8
Determinazione gravimetrica dei solfati.
Gli ioni solfato, disciolti attaccando con acido
cloridrico il cemento, vengono fatti precipitare ad un pH
compreso tra 1 e 1,5 mediante una soluzione di cloruro di
bario. La precipitazione è realizzata al punto di
ebollizione. La determinazione viene quindi eseguita gravi
metricamente ed espressa come SO3
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.9
Determinazione del residuo insolubile
Si tratta di un metodo convenzionale che
permette di ottenere il residuo insolubile dei cementi
tramite attacco con soluzione di acido cloridrico diluito
evitando, per quanto possibile, la precipitazione della
silice solubile. Il residuo di tale attacco viene trattato
con una soluzione bollente di carbonato di sodio al fine di
ridi sciogliere le tracce di silice che possono essere
precipitate. Il residuo si determina gravi metricamente dopo
calcinazione.
(UNI EN 196-2 e s.m.i.)
8.10
Determinazione dei solfuri
Il campione viene attaccato con acido cloridrico
in ambiente riducente. I solfuri si trasformano in solfuro
di idrogeno, che viene trascinato nella soluzione
ammoniacale di solfato di zinco da un flusso gassoso. Il
solfuro di zinco precipitato
si determina per iodometria
(UNI EN 196-2 e s.m.i.)
8.11
Determinazione di manganese
Il manganese presente nel campione viene
ossidato a permanganato (MnO4) per mezzo di periodate di
potassio. L’assorbimento della soluzione viola è misurata a
525 nm. Gli ioni ferrico (Fe3 +) vengono complessati con
acido fosforico, che assiste anche la formazione di MnO4 - e
stabilizza il colore della soluzione.
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.12
Determinazione del biossido di carbonio
Il cemento è trattato con acido fosforico per
scomporre la presenza di carbonato. L'anidride carbonica
liberata viene trascinato in una corrente di gas esente da
anidride carbonica o di aria attraverso una serie di tubi di
assorbimento. I primi due rimuovono il solfito di idrogeno e
l'acqua, il successivo assorbe
il biossido di carbonio. Due tubi di assorbimento,
ciascuno contenente un granulare assorbente per l'anidride
carbonica e perclorato di magnesio anidro per trattenere
l'acqua che si forma durante la reazione di assorbimento,
sono pesati per determinare la massa di anidride carbonica.
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.13
Determinazione degli alcali
Una fiamma butano, propano o acetilene viene
utilizzato per eccitare i metalli alcalini ad emettere il
loro caratteristico spettro nel visibile. L'emissione è
proporzionale al contenuto di alcali a basse concentrazioni.
L'influenza di grandi quantità di calcio presente nel
campione sulla determinazione di sodio è soppressa per mezzo
di acido fosforico. L'influenza di acido fosforico sulle
emissioni di potassio dalle soluzioni di taratura viene
soppressa con l'aggiunta di calcio per le soluzioni di
taratura.
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.14
Determinazione dei cloruri
Questo metodo calcola il cloruro totale più
contenuto bromuro ed esprime il risultato come ione cloruro
(Cl-).
Il cemento è trattato con acido nitrico diluito
bollente per decomporre e rimuovere solfuri. Il cloruro
sciolto è precipitato con un volume noto di una soluzione
standard di nitrato d'argento. Dopo la bollitura, il
precipitato è lavato con acido nitrico diluito e scartato.
Il liquido viene filtrato e raffreddato al di sotto di 25 °
C e il nitrato d'argento residuo è titolato con una
soluzione standard di tiocianato d'ammonio con il sale di
ferro come indicatore
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.15
Determinazione dell’Ossido di Alluminio
L’analisi si effettua dopo che il cemento è
stato completamente solubilizzato. Il cemento è decomposto
mediante sinterizzazione con perossido di sodio. Dopo la
dissoluzione in acido cloridrico del solido sinterizzato, la
maggior parte della silice è precipitata o con acido
cloridrico per doppia evaporazione. Il precipitato di silice
impura è trattato con acido fluoridrico e acido solforico
per volatilizzare la silice; il residuo, trattato con una
miscela di carbonato di sodio e cloruro di sodio, è
disciolto in acido cloridrico ed aggiunto al filtrato della
silice. Nella soluzione finale, la silice in soluzione
(residuo) si determina fotometricamente mentre l’ ossido di
alluminio, viene determinato con metodi complessometrici
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.16
Determinazione della silice
L’analisi si effettua dopo che il cemento è
stato completamente solubilizzato. Il cemento è decomposto
mediante sinterizzazione con perossido di sodio. Dopo la
dissoluzione in acido cloridrico del solido sinterizzato, la
maggior parte della silice è precipitata o con acido
cloridrico per doppia evaporazione. Il precipitato di silice
impura è trattato con acido fluoridrico e acido solforico
per volatilizzare la silice; il residuo, trattato con una
miscela di carbonato di sodio e cloruro di sodio, è
disciolto in acido cloridrico ed aggiunto al filtrato della
silice. Nella soluzione finale, la silice in soluzione
(residuo) si determina fotometricamente
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.17
Determinazione dell’Ossido di Ferro
L’analisi si effettua dopo che il cemento è
stato completamente solubilizzato. Il cemento è decomposto
mediante sinterizzazione con perossido di sodio. Dopo la
dissoluzione in acido cloridrico del solido sinterizzato, la
maggior parte della silice è precipitata o con acido
cloridrico per doppia evaporazione. Il precipitato di silice
impura è trattato con acido fluoridrico e acido solforico
per volatilizzare la silice; il residuo, trattato con una
miscela di carbonato di sodio e cloruro di sodio, è
disciolto in acido cloridrico ed aggiunto al filtrato della
silice. Nella soluzione finale, la silice in soluzione
(residuo) si determina fotometricamente mentre l’ ossido di
ferro (III), viene determinato con metodi complessometrici
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.18
Determinazione dell’Ossido di Calcio
L’analisi si effettua dopo che il cemento è
stato completamente solubilizzato. Il cemento è decomposto
mediante sinterizzazione con perossido di sodio. Dopo la
dissoluzione in acido cloridrico del solido sinterizzato, la
maggior parte della silice è precipitata o con acido
cloridrico per doppia evaporazione. Il precipitato di silice
impura è trattato con acido fluoridrico e acido solforico
per volatilizzare la silice; il residuo, trattato con una
miscela di carbonato di sodio e cloruro di sodio, è
disciolto in acido cloridrico ed aggiunto al filtrato della
silice. Nella soluzione finale, la silice in soluzione
(residuo) si determina fotometricamente mentre l’ ossido di
calcio, viene determinato con metodi complessometrici
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.19
Determinazione dell’Ossido di Magnesio
L’analisi si effettua dopo che il cemento è
stato completamente solubilizzato. Il cemento è decomposto
mediante sinterizzazione con perossido di sodio. Dopo la
dissoluzione in acido cloridrico del solido sinterizzato, la
maggior parte della silice è precipitata o con acido
cloridrico per doppia evaporazione. Il precipitato di silice
impura è trattato con acido fluoridrico e acido solforico
per volatilizzare la silice; il residuo, trattato con una
miscela di carbonato di sodio e cloruro di sodio, è
disciolto in acido cloridrico ed aggiunto al filtrato della
silice. Nella soluzione finale, la silice in soluzione
(residuo) si determina fotometricamente mentre l’ ossido di
magnesio, viene determinato con metodi complessometrici
(UNI
EN 196-2 e s.m.i.)
8.20
Determinazione del calore di idratazione su
cementi
Il metodo consiste nel misurare i calori di
soluzione in una miscela acida di cemento anidro e cemento
idrato in condizioni normalizzate per un periodo
predeterminato di tempo, per esempio sette giorni.
Il calore d'idratazione di ciascun periodo, Hi,
è ottenuto dalla differenza tra il calore di soluzione del
cemento anidro, Qa, e quello del cemento idrato, Qi.
(UNI
EN 196-8 e s.m.i.)
8.21
Saggio di pozzolanicità
La pozzolanicità è valutata mediante il
confronto tra la quantità di idrossido di calcio presente
nella soluzione acquosa in contatto con il cemento idratato,
dopo un determinato periodo di tempo, e la quantità di
idrossido di calcio in grado di saturare una soluzione di
pari alcalinità. La prova viene considerata positiva se la
concentrazione di idrossido di calcio nella soluzione è
minore della concentrazione di saturazione.
La sperimentazione ha dimostrato che una miscela
di 20 g di cemento e 100 ml di acqua a 40°C raggiunge
l'equilibrio dopo un periodo di 8 o 15 giorni Per valutare i
risultati è pertanto necessario conoscere la solubilità a
40°C dell'idrossido di calcio in una soluzione la cui
alcalinità varia da 35 a circa 100 mmol OH- per litro.
(UNI
EN 196-5 e s.m.i.)
8.22
Determinazione della classe di resistenza dei
cementi resistenti ai solfati
Il campione di cemento viene sottoposto ad
analisi chimica per la determinazione delle specie chimiche
richieste e ad un attacco chimico selettivo (attacco
basico-complessante). In linea di principio l'attacco
basico-complessante porta in soluzione il clinker, il
solfato di calcio ed i calcari, mentre lascia indisciolti
(residuo RBC ) le loppe granulate d'altoforno, i materiali
pozzolanici, le ceneri volanti silicee e le microsilici.
Il residuo RBC viene sottoposto a sua volta ad
analisi chimica. I risultati delle analisi chimiche
effettuate sul campione di cemento e sul suo residuo RBC
permettono di individuare la classe di resistenza del
cemento secondo i prospetti di cui alle UNI 9156 e UNI 9606.
(UNI
10595 e s.m.i.)
8.23
Determinazione del ritiro della malta
La prova determina il ritiro assiale di provini
con dimensioni di 40x40x160 mm confezionati con malta
normale. Il ritiro è la variazione di lunghezza espressa in
micrometri e riferita al metro di lunghezza.
(UNI
6687 e s.m.i.)
8.24
Determinazione della consistenza con tavola a
scosse
La prova determina la consistenza di una malta
cementizia, mediante l’impiego di una tavola a scosse, con
la misura dello spandimento della malta stessa.
(UNI
7044 e s.m.i.)
8.25
Determinazione del contenuto d’aria nella malta.
L’aria presente nella malta normale viene
determinata in base al rapporto tra la massa volumica
effettiva della malta in esame e quella teorica calcolata in
base ai costituenti della malta considerata priva d’aria.
(UNI
7121 e s.m.i.)
8.26
Determinazione della resistenza alla
penetrazione e dei tempi di inizio e fine presa.
Viene definita resistenza alla penetrazione la
pressione necessaria a fare penetrare una sonda in un
campione di malta per una profondità di 25 mm nel tempo di
10 secondi. Il tempo di inizio presa invece è l’intervallo
di tempo che trascorre dall’aggiunta di acqua all’impasto a
quando la malta offre una resistenza alla penetrazione di
3,43 N/mm2, mentre il tempo di fine presa è il
tempo necessario per offrire una resistenza di penetrazione
di 27,5 N/mm2.
(UNI
7927 e s.m.i.)
8.27
Prova di fluidità su malte per cavi di
precompressione- Metodo del cono
La fluidità della malta, espressa in secondi,
viene misurata in base al tempo necessario a una determinata
quantità di malta per passare attraverso l'orifizio di un
cono in condizioni predefinite.
(UNI
EN 445 e s.m.i.)
8.28
Prova di essuda mento su malte per cavi di
precompressione
La prova consiste nel misurare la quantità
d'acqua che affiora sulla superficie della malta mantenuta
in condizione protetta rispetto all'evaporazione.
(UNI
EN 445 e s.m.i.)
8.29
Prova della variazione del volume su malte per
cavi di precompressione – Metodo del cilindro
La variazione del volume viene misurata in forma
di variazione percentuale del volume della malta tra
l'inizio e la fine della prova. La prova misura per lo più
la variazione del volume causata da segregazione o
dilatazione.
(UNI
EN 445 e s.m.i.)
8.30
Prova della resistenza alla compressione su
malte per cavi di precompressione
La resistenza alla compressione della malta in
questa prova (che rappresenta un adattamento delle prove
meccaniche sulle malte cementizie UNI EN 196-1) viene
determinata sulle metà spezzate dei prismi, preventivamente
sottoposti a rottura per flessione.
(UNI EN 445 – UNI EN 196-1 e s.m.i.)
8.31
Determinazione del contenuto di calce libera
nelle calci aeree
La calce libera (non legata) (ossido di calcio e
idrossido di calcio) viene disciolta in una soluzione di
saccarosio e titolata con acido cloridrico, usando
fenolftaleina come indicatore.
(UNI
EN 459-2 e s.m.i.)
8.32
Determinazione del contenuto di calce libera
delle calci idrauliche
La calce libera (non legata) (ossido di calcio e
idrossido di calcio) viene estratta mediante acetoacetato di
etile e titolazione dell’estratto con acido cloridrico,
utilizzando blu di bromofenolo come indicatore.
(UNI
EN 459-2 e s.m.i.)
8.33
Ritenzione d’acqua delle calci
La ritenzione d'acqua della malta normalizzata
fresca preparata adeguatamente è espressa come percentuale
di acqua che rimane nella malta dopo un breve periodo di
suzione su una carta da filtro.
(UNI
EN 459-2 e s.m.i.)
8.34
Determinazione della reattività delle calci
La reattività allo spegnimento delle calci vive
macinate deve essere sottoposta a prova misurando l'aumento
di temperatura che avviene durante la reazione con l'acqua
in funzione del tempo di reazione (curva di spegnimento allo
stato umido).
(UNI
EN 459-2 e s.m.i.)
8.35
Determinazione dell’acqua libera nelle calci
Quando si riscalda un campione a 105 °C, l'acqua
libera vaporizza. La perdita di massa a questa temperatura è
definita umidità wF , espressa come percentuale in massa.
(UNI
EN 459-2 e s.m.i.)
8.36
Determinazione della consistenza della malta
fresca per opere murarie mediante tavola a scosse
Il valore di fluidità viene misurato tramite il
diametro medio di un campione di prova della malta fresca
che è stato posizionato su un disco definito di una tavola a
scosse, per mezzo di uno stampo definito e che viene quindi
sottoposto ad un certo numero di impatti verticali alzando
la tavola a scosse e lasciandola poi cadere liberamente da
una data altezza.
(UNI
EN 1015-3 e s.m.i.)
8.37
Determinazione della consistenza della malta
fresca per opere murarie mediante penetrazione sonda
Il valore di penetrazione della sonda di un
campione di malta fresca viene misurato tramite la
penetrazione verticale di una specifica sonda che viene
lasciata cadere liberamente da una data altezza nel campione
di malta fresca.
(UNI
EN 1015-4 e s.m.i.)
8.38
Determinazione della massa volumica apparente
della malta fresca per opere murarie
La massa volumica apparente di una malta fresca
viene determinata dal rapporto tra la sua massa ed il volume
che occupa quando viene introdotta, o introdotta e
compattata in modo predeterminato, in un recipiente di
misurazione avente capacità nota.
(UNI
EN 1015-6
e s.m.i.)
8.39
Determinazione del contenuto d’aria della malta
fresca per opere murarie
Un volume di malta viene posto all'interno di
uno specifico recipiente di misurazione. L'acqua viene
versata sulla superficie superiore della malta e, per mezzo
dell'applicazione di aria compressa o tramite l'utilizzo di
una miscela alcole-acqua, l'acqua viene forzata dentro la
malta e l'aria viene rimossa dai pori interni. Il livello
dell'acqua scende e corrisponde al volume d'aria rimosso
dalla malta.
(UNI
EN 1015-7 e s.m.i.)
8.40
Determinazione della massa volumica apparente
della malta indurita per opere murarie
La massa volumica apparente di un dato campione
della malta indurita è determinata come rapporto tra la sua
massa dopo asciugatura in forno e il volume che occupa
quando viene immersa in acqua in condizioni di saturazione.
(UNI
EN 1015-10 e s.m.i.)
8.41
Determinazione della resistenza a flessione e a
compressione della malta indurita per opere murarie
La resistenza alla flessione della malta è
determinata sollecitando su tre punti fino alla rottura i
campioni prismatici di malta gettata in stampi indurita. La
resistenza a compressione della malta è determinata sulle
due parti ottenute dalla prova di resistenza alla flessione.
Qualora la resistenza alla flessione non sia richiesta, le
parti destinate alla prova di resistenza alla compressione
possono essere ottenute in qualche modo dai prismi a
condizione che non si provochi danno alle parti stesse.
(UNI
EN 1015-11 e s.m.i.)
8.42
Determinazione del contenuto di cloruro solubile
in acqua delle malte fresche per opere murarie
Si prepara, da un campione di malta in esame, un
estratto acquoso contenente i cloruri solubili in acqua. Il
cloruro disciolto viene precipitato utilizzando un volume
noto di soluzione normalizzata di nitrato d’argento. Le
tracce di solfuri eventualmente presenti vengono ossidate a
solfato o decomposte in modo da non interferire
nell’analisi. Dopo bollitura, il precipitato viene lavato
con una soluzione diluita di acido nitrico e quindi
eliminato. Il filtrato e le soluzioni di lavaggio vengono
raffreddate ad una temperatura minore di 25 °C. Si titola
quindi l’eccesso di nitrato d’argento con una soluzione
normalizzata di tiocianato d’ammonio utilizzando come
indicatore un sale ferrico (III). Questo metodo consente di
rilevare il contenuto totale di alogeno con l’eccezione dei
fluoruri ed esprime il risultato in termini di percentuale
di Cl presente nel campione.
(UNI
EN 1015-17 e s.m.i.)
8.43
Determinazione del coefficiente di assorbimento
d’acqua per capillarità della malta indurita per opere
murarie
Il coefficiente di assorbimento d'acqua per
capillarità è misurato sottoponendo dei provini di malta a
forma di prisma in condizioni previste alla pressione
atmosferica. Dopo l’essiccazione fino a massa costante, una
faccia del provino è immersa in (5 ÷ 10) mm d’acqua per uno
specifico periodo di tempo ed è determinato l’aumento in
massa.
(UNI
EN 1015-18 e s.m.i.)
8.44
Determinazione dell'aderenza al supporto di
malte da intonaco esterno ed interno – Pull-Off
La forza di adesione è determinata come lo
sforzo massimo di trazione mediante carico diretto
perpendicolare alla superficie della malta da intonaco
applicata su un supporto. La forza di trazione è applicata
tramite una piastrina incollata sulla superficie di prova
della malta. La forza di adesione è il rapporto tra il
carico di rottura e l’area della superficie di prova.
(UNI
EN 1015-12 e s.m.i.)
8.45
Determinazione dell’espansione contrastata di
malta con agenti espansivi
Il campione di malta viene impastata e quindi
confezionati n° 3 travetti 50x50x250 cm con annegate alle
estremità due piastre di acciaio collegate tra loro da una
barra filettata.
Alle stagionature della malta di 7 e 28 giorni
viene misurata l’espansione del provino di malta.
(UNI
8147 e s.m.i.)
9.1
Esame all’infrarosso
L'analisi all'infrarosso viene effettuata sulla
sostanza secca ottenuta da un additivo essiccato a 105°C,
salvo indicazione di una temperatura diversa da parte del
fabbricante. Può essere utilizzato il residuo derivante
dalla determinazione del tenore di sostanza secca
convenzionale, ottenuto secondo la EN 480-8.
(UNI
EN 480-6 e s.m.i.)
9.2
Determinazione del tenore di sostanza secca
Un campione di additivo viene essiccato in forno
alla temperatura di 105°C per 4 h. In caso di additivi
liquidi, questo metodo deve essere impiegato per la
caratterizzazione del contenuto di materia secca.
Per gli additivi in polvere, questo metodo deve
essere impiegato per la determinazione della massa effettiva
della polvere essiccata. Il metodo non è indicato per la
determinazione dell'estratto secco assoluto dell'additivo.
(UNI
EN 480-8 e s.m.i.)
9.3
Determinazione del tenore di cloruro solubile
Lo scopo della prova consiste nella
determinazione del tenore in ioni cloruro (comprendente
anche altri ioni alogenuri, ad eccezione dei fluoruri)
presenti in un additivo, ottenuto tramite precipitazione
degli ioni cloruro con una soluzione di nitrato d'argento.
Il volume del campione richiesto per questa prova è stato
calcolato per un additivo il cui tenore di cloruri è minore
dello 0,1% della massa. Se il tenore di cloruri è noto, o se
si può ritenere che sia maggiore, l'additivo deve essere
diluito per un fattore ben preciso prima di effettuare la
prova.
(UNI
EN 480-10 e s.m.i.)
9.4
Determinazione del contenuto di alcali
Uno spettrofotometro ad assorbimento atomico
viene impiegato per misurare il contenuto di sodio e
potassio negli estratti dell'additivo con acido nitrico
diluito. L'estratto viene nebulizzato in una fiamma ad aria
- acetilene misurando l'assorbimento delle radiazioni
caratteristiche di sodio o potassio al momento del passaggio
attraverso la fiamma. Per basse concentrazioni il valore
dell'assorbanza è direttamente proporzionale al contenuto di
sodio o potassio nell'estratto. I contenuti di sodio e
potassio vengono misurati separatamente e la loro somma,
corretta per tenere conto della massa molecolare, viene
espressa come contenuto totale di Na2O equivalenti (alcali).
In alternativa a uno spettrofotometro ad assorbimento
atomico, per determinare la quantità di sodio e potassio
nella soluzione di prova, si può impiegare un fotometro a
fiamma opportunamente calibrato.
(UNI
EN 480-12 e s.m.i.)
9.5
Determinazione della solubilità in acqua
distillata
Si pesa un campione di prodotto e si aggiunge
una quantità specifica di acqua distillata. Dopo agitazione
energica per 10 minuti, si lascia riposare per 30 minuti.
Dopo filtrazione si essicca il rimanente e dopo pesatura si
calcola in percentuale del
campione iniziale il materiale solubile in acqua.
(UNI
7110 e s.m.i.)
9.6
Determinazione della solubilità in acqua satura
di calce
Si pesa un campione di prodotto e si aggiunge
una quantità specifica di acqua distillata satura di calce.
Dopo agitazione energica per 10 minuti, si lascia riposare
per 30 minuti. Dopo filtrazione si essicca il rimanente e
dopo pesatura si calcola in percentuale
del campione iniziale il materiale solubile in acqua
satura di calce.
(UNI
7110 e s.m.i.)
10.1
Prelievo di campioni di calcestruzzo con
“carotaggio”
Le carote estratte utilizzando una carotatrice
elettrica con corone diamantate ø 25÷200 mm vengono
esaminate accuratamente, preparate
per successive prove su calcestruzzi
(UNI
EN 12504-1 e s.m.i.)
10.2
Prove di carico su solai
Il solaio di prova viene predisposto applicando
nella parte inferiore dello stesso estensimetri elettronici
o meccanici collegati ad una centralina di acquisizione
dati. Quindi si carica il solaio con gommoni riempiti di
acqua o con bancali di materiale edilizio. Si registrano le
deformazioni del solaio ai vari carichi applicati e dopo lo
scarico della struttura.
10.3
Prove di carico su ponti.
Sulla soletta del ponte vengono applicati dei
riferimenti fissi e quindi misurate le deformazioni della
struttura al passaggio di camion con strumento ottico di
precisione.
10.4
Prove non distruttive con sonde Windsor
La prova consiste nel misurare la penetrazione
di sonde standardizzate infisse nel calcestruzzo attraverso
cariche balistiche controllate. Per ogni misura vengono
infisse n° 3 sonde e misurata la penetrazione media nel
calcestruzzo. Possono essere utilizzate sia sonde tipo
“argento”, sia tipo “oro”con livelli di potenza “standard” e
“low”.
La resistenza a compressione del calcestruzzo
viene ricavata da una tabella correlativa, che mette in
relazione la penetrazione media delle sonde, il tipo di
sonde, la potenza di penetrazione e la durezza “Mohs”
dell’inerte impiegato per l’esecuzione del manufatto.
(ASTM
C803 e s.m.i.)
10.5
Prove non distruttive Pull-out
Mediante un trapano elettrico, viene eseguito un foro sulla
struttura in calcestruzzo da indagare, quindi viene inserito
un inserto metallico (tassello) normalizzato;
successivamente attraverso un martinetto idraulico cavo,
viene estratto il tassello e misurata la forza di
estrazione. La frattura del calcestruzzo avviene secondo una
superficie tronco-conica. Attraverso tabelle comparative
sperimentali, dalla forza di estrazione si ricava la
resistenza a compressione del calcestruzzo.
(UNI
10157 e s.m.i.)
10.6
Individuazione armatura su strutture in c.a.
La prova viene eseguita con uno strumento
digitale che sfrutta la tecnologia a induzione pulsante:il
pacometro che localizza la posizione delle barre di
armatura, la determinazione del loro diametro e la misura
della copertura di calcestruzzo.
10.7
Prova non distruttiva con sclerometro
Lo sclerometro consiste in una massa battente di
acciaio, azionata da una molla, che contrasta un’asta di
percussione a contatto con la superficie del calcestruzzo Il
valore di rimbalzo della massa battente, attraverso una
tabella fornita dal costruttore , indica la resistenza
cubica a compressione del calcestruzzo.
La prova sono
condotte
mediante la seguente procedura:
-si rende la superficie sottoposta alla prova
sufficientemente liscia utilizzando pietra abrasiva;
-successivamente si colpisce il calcestruzzo con
lo sclerometro in circa 12 punti vicini, annotando l’indice
di rimbalzo e l’angolo di inclinazione dello strumento
rispetto al calcestruzzo (viene considerato angolo zero
gradi quando l’azione dello sclerometro è orizzontale
rispetto al calcestruzzo ed angolo –90° quando l’azione
dello sclerometro è verticale e rivolto verso il basso).
Viene annotata la media scartando il valore più basso e
quello più alto; la media dei valori riscontrati viene
corretta con un coefficiente ricavato dalla verifica della
taratura dello sclerometro.
(UNI
EN 12504-2 e s.m.i.)
10.8
Prove ultrasuoni
La prova consiste nella misurazione della
velocità di propagazione di onde ultrasoniche nel
calcestruzzo..
Una sorgente applicata nella zona da indagare
emette onde; queste si propagano nel calcestruzzo e vengono
ricevute da un trasduttore posto sul lato opposto della
struttura in allineamento con il trasduttore emittente
(trasmissione diretta). Viene fornito dallo strumento il
tempo che l’onda ultrasonica impiega per attraversare la
struttura; conoscendola distanza percorsa dalle onde si
ricava la velocità di trasmissione.
(UNI
EN 12504-4 e s.m.i.)
10.9
Prove SONREB
Combinando due
metodi
non distruttivi (sclerometro e ultrasuoni) è possibile
compensare i limiti di entrambe le metodologie ottenendo una
stima più attendibile della resistenza tramite correlazioni
che mettono insieme le due misure effettuate. Esistono molte
espressioni in letteratura, una di questa è la seguente:
dove Rc=
Resistenza
cubica a compressione [MPa];
S= Indice di rimbalzo dello sclerometro;
V= Velocità di propagazione dell’onda
ultrasonica [m/s]
10.10
Prove con martinetti piatti su muratura portante
L’indagine con il martinetto piatto singolo consiste nell’eseguire
un taglio in un elemento strutturale per poi applicare sulle
superfici del taglio una pressione nota che porti al
ripristino delle condizioni iniziali del corpo. Dalla forza
esercitata del martinetto per ripristinare la situazione
iniziale è possibile individuare lo stato tensionale
originariamente presente nella muratura.
L’indagine con doppio martinetto piatto si basa sul fatto di
eseguire due tagli paralleli nella muratura a debita
distanza, indicativamente da 60 cm, a seconda della
muratura, all’interno dei quali posizionare due martinetti
piatti. Mandando contemporaneamente in pressione i due
martinetti si provoca uno stato di tensione monoassiale
sulla porzione di muratura compresa fra i due martinetti,
riproducendo quindi una prova in condizioni simili a quelli
di un test uniassiale convenzionale.
10.11
Monitoraggio lesioni su strutture portanti.
Per monitorare
il quadro fessurativo nelle strutture portanti vengono messe in opera
basi estensimetriche composte ciascuna da 6 dischetti di ottone a
cavallo della lesione da monitorare e misurata la distanza tra di loro con un
deformometro millesimale. Vengono ripetute le misurazioni a
distanza di tempo e quindi rilasciati dei grafici che
mettono in relazione le variazioni di spostamento delle
lesioni nel tempo.
10.12
Verifica del serraggio bulloni
La prova
consiste nel verificare se la coppia di serraggio di un
sistema di bulloni è conforme alle richieste.
A tale scopo si
utilizza una chiave dinamometrica, la quale fa scattare una
molla quando la coppia di serraggio della bullonatura
provata è conforme a quella impostata prima di iniziare la
verifica,.
10.13
Prove di carico su tirafondi
La prova
consiste nel posizionare un martinetto cavo all’esterno del
tirafondo, quindi contrastare il martinetto con adeguati
dadi. Si arriva al carico massimo con vari gradini misurando
l’eventuale sfilamento del tirafondo dalla propria sede.
10.14
Analisi per la corrosione dell’armatura
metallica.
La prova viene
eseguita con apparecchiatura elettronica Canin; con questo
sistema di misura vengono misurati campi di potenziale
superficiali sulla superficie di zone in calcestruzzo. Se vi
sono determinati gradienti di potenziale (variazioni di
valore per unità di lunghezza) è possibile distinguere i
punti con armature di acciaio soggette a corrosione da
quelli per cui la corrosione non è un problema.
11.1
Determinazione della resistenza a flessione e
del modulo elastico a flessione
Il provino deve avere una lunghezza minima pari
a 19 volte l'altezza della sezione. Il provino viene
caricato simmetricamente a flessione, appoggiando su due
punti che coprono una luce pari a 18 volte l'altezza.
Il provino viene portato a rottura misurando con
estensimetri elettronici centesimali l’inflessione del
provino. Si traccia un grafico carico deformazione e quindi
si calcola la resistenza a flessione fm, il
modulo di elasticità a flessione Em
(UNI
EN 408 e s.m.i.)
11.2
Determinazione del Modulo di taglio
Il provino deve avere una lunghezza minima pari
a 21 volte l'altezza della sezione; quest’ultimo viene
caricato a flessione in mezzeria, su almeno quattro luci
differenti aventi la stessa sezione trasversale in posizione
centrale. Il provino viene portato a rottura misurando con
estensimetri elettronici centesimali l’inflessione del
provino. Si traccia un grafico carico deformazione quindi si
calcola il modulo di elasticità apparente
Em,app e
successivamente il modulo di taglio G
(UNI
EN 408 e s.m.i.)
11.3
Determinazione della resistenza a trazione e del
modulo elastico a trazione
Il provino deve avere sezione trasversale
corrispondente all'intera sezione strutturale, e lunghezza
sufficiente a presentare un tratto di prova, non influenzato
dagli afferraggi della macchina di prova, di lunghezza
almeno pari a 9 volte la maggiore dimensione della sezione
trasversale.
Il provino viene caricato utilizzando
dispositivi di afferraggio che permetteranno nei limiti del
possibile l'applicazione di un carico a trazione senza
indurre flessione.
Il provino viene portato a rottura misurando con
estensimetri elettronici centesimali l’inflessione del
provino. Si traccia un grafico carico deformazione e si
calcola la resistenza a trazione
ft0 e
il modulo di elasticità a trazione Et0
(UNI
EN 408 e s.m.i.)
11.4
Determinazione della resistenza a compressione e
del modulo elastico a compressione
Il provino deve avere sezione trasversale
corrispondente all'intera sezione strutturale, e lunghezza
pari a 6 volte la minore dimensione della sezione
trasversale. Le superfici di estremità vengono accuratamente
preparate per assicurare la loro planarità e parallelismo
reciproco, nonché la loro perpendicolarità all'asse del
pezzo.
Il provino viene caricato concentricamente
usando teste di applicazione del carico con alloggiamento
sferico in modo da non indurre
flessione. Dopo che un carico iniziale è stato applicato, le
teste vengono bloccate per prevenire ogni movimento
angolare.
Il provino viene portato a rottura misurando con
estensimetri elettronici centesimali la deformazione del
provino. Si traccia un grafico carico deformazione e quindi
si calcola la resistenza a compressione
fc0 e
il modulo di elasticità a compressione Ec0
(UNI
EN 408 e s.m.i.)
11.5
Prove per la determinazione del Profilo
Resistografico
Prova
per le variazioni di densità tra legno sano e decomposto.
Viene effettuata una diagnosi delle aree di decadimento
interno dell’elemento in analisi. Lo strumento di prova
misura la resistenza alla penetrazione di una punta, di
lunghezza 30 cm con diametro 3 mm, che avanza con un
movimento combinato di rotazione e
velocità
costante.
12.1
Determinazione della massa aerica
La prova consiste nella misurazione dell’area e
della massa di una provetta. Da ogni campione si ricavano
attraverso fustellatrice almeno cinque provette, ognuna di
area 10000 mm2; si determina la massa di ciascuna
provetta quindi si calcola la massa per unità di superficie
in grammi al metro quadro.
(UNI EN ISO 9864 - CNR 110 e s.m.i.)